L’intelligenza artificiale non è più solo uno strumento, ma una variabile strategica per riorganizzare, anche drasticamente, le risorse umane. A testimoniarlo sono le scelte recenti di grandi aziende come IBM, Duolingo e Shopify, che stanno ridefinendo ruoli, assunzioni e prospettive lavorative in chiave AI.
Lo ha confermato Arvind Krishna, CEO di IBM, che ha dichiarato al Wall Street Journal di aver già sostituito circa 200 dipendenti con agenti di intelligenza artificiale in grado di svolgere attività complesse senza supervisione umana costante.
Ma, sottolinea, l’AI ha anche creato nuovi ruoli, soprattutto nei settori della programmazione e delle vendite. In questo modo. L’obiettivo? Semplificare i flussi aziendali, liberare risorse, investire dove serve. E da quel che sostiene pare che il numero complessivo dei dipendenti IBM è comunque aumentato.
Già nel 2023 Krishna aveva annunciato un blocco delle assunzioni nei ruoli amministrativi di back-office, dove sono attualmente impiegate 26.000 persone, prevedendo che il 30% di essi sarebbe stato automatizzato entro cinque anni.
Anche Duolingo ha sposato una strategia “AI-first”, tagliando personale e potenziando le attività come la produzione di contenuti e la traduzione grazie all’AI: 148 nuovi corsi in meno di un anno.
E Shopify ha introdotto una regola chiara: si assume solo se l’AI non può fare quel lavoro. Quindi prima di procedere con le assunzioni, ogni team deve dimostrare quanto sia necessario l’intervento umano per quell’attività.
L’AI non chiede ferie, non sciopera, non fa colloqui. È più economica ed è capace anche di decidere autonomamente. E se il tuo ruolo può essere sostituito, lo sarà. Il problema non è più “se” l’intelligenza artificiale cambierà il lavoro. È “quando” e “chi” potrà ancora farlo.
A.C.
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