Recuperare i propri soldi a seguito di una truffa online non risulta particolarmente difficoltoso: è fondamentale, tuttavia, sporgere immediatamente denuncia e, con l’attestazione di ricezione rilasciata dai carabinieri, comunicare l’accaduto sia alla compagnia che ha emesso la fattura sia all’istituto di credito ove si ha il proprio conto. Così facendo, qualsiasi prelievo verrà bloccato e, qualora questo sia già stato effettuato, si potrà sperare nel rimborso da parte dell’ente. Infatti, tanto le banche quanto le poste sono tenute a restituire il denaro che è stato illegittimamente prelevato dal conto dei propri clienti.
L’art. 11 del D.lgs. 11/2010 stabilisce che il prestatore dei servizi di pagamento è tenuto a rimborsare l’importo sottratto alla vittima mediante un’operazione di pagamento da questa non autorizzata. La vittima che intende far valere le proprie ragioni deve in primo luogo comunicare all’istituto di pagamento di non aver autorizzato l’operazione contestata. Se la banca non riconoscesse la propria responsabilità e negasse il rimborso, il soggetto truffato dovrebbe adire le vie legali. Prima di esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di contratti bancari, l’interessato deve esperire il procedimento di mediazione obbligatoria, che costituisce una condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Una possibile alternativa alla proposizione di una domanda giudiziale è il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), strumento di risoluzione alternativa delle controversie, che può essere adito previa dimostrazione, da parte del correntista, di aver tentato di risolvere la controversia con l’istituto di pagamento tramite reclamo scritto non andato a buon fine. Se la decisione dell’ABF non è ritenuta soddisfacente dalle parti, queste possono adire l’autorità giudiziaria senza esperire la mediazione obbligatoria, in quanto il ricorso all’ABF fa venir meno tale obbligo.
Il prestatore dei servizi di pagamento è gravato da una responsabilità di tipo semi-oggettivo, pertanto vi possono essere casi, seppur limitati, in cui il prestatore è liberato dall’obbligo di rimborsare gli importi sottratti alla vittima con operazioni non autorizzate sul proprio conto. Per poter fare ciò, esso deve fornire prova liberatoria di un fatto imprevedibile e inevitabile che sfugge alla sua sfera di controllo. Il prestatore, in tal caso, è esente da ogni responsabilità e non deve, pertanto, rimborsare o risarcire alcunché, ai sensi del combinato disposto degli artt. 7 e 12 del D. Lgs. 11/2010, qualora dimostri la frode dell’utilizzatore o il suo inadempimento, per dolo o colpa grave, degli obblighi di cui all’art. 7 del già menzionato decreto. L’art. 7, infatti, stabilisce l’obbligo di utilizzare i servizi di pagamento secondo i termini d’uso pattuiti con il prestatore e l’obbligo di comunicare senza indugio l’eventuale perdita di disponibilità dello strumento di pagamento, non appena l’utilizzatore ne sia venuto a conoscenza. Il comma 2 dell’art. 7, inoltre, attribuisce all’utilizzatore l’obbligo di custodire diligentemente le proprie credenziali di accesso ai servizi e se, dunque,è possibile ravvisare elementi di colpa nella condotta del correntista che, pur accortosi di una transazione non autorizzata, ne dia comunicazione all’istituto di pagamento con notevole ritardo, il prestatore è esente da ogni responsabilità.
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