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QUALI SANZIONI SONO PREVISTE PER CHI COMMETTE GREENWASHING?

Slogan aleatorio, colore verde, dati non chiari, vaghe indicazioni sul prodotto, certificazioni ed etichette false, così si manifesta il Greenwashing, insidiosa strategia di marketing di “ambientalismo di facciata” del tutto fuori controllo. Ma le attività possono essere sanzionate

by Redazione
9 Gennaio 2023
in Imprese, Sostenibilità
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QUALI SANZIONI SONO PREVISTE PER CHI COMMETTE GREENWASHING?
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Secondo un report del 2021, condotto dalla Commissione Europea, nel 42% dei siti web aziendali presi in esame le affermazioni di posizionamento ecofriendly sono green claim ingannevoli e pratiche commerciali sleali.

Nel paper redatto dal Forum per la Finanza Sostenibile si evidenzia che le direttive europee menzionate mirano a garantire una maggiore trasparenza nei mercati europei. Il rapporto sottolinea anche come gli attori non statali dovrebbero essere obbligati, con forza di legge, a stilare rapporti annuali sullo stato dei loro impegni di azzeramento delle emissioni, fornendo ad autorità nazionali e organizzazioni internazionali informazioni certe e verificabili. In questo modo le promesse e gli impegni volontari di riduzione delle emissioni, di grandi aziende e altri attori non statali, dovrebbero essere sostituiti da regolamenti vincolanti che delineino obiettivi a breve e medio termine, dando alle stesse aziende anche la responsabilità delle emissioni prodotte dall’uso dei loro prodotti e il loro inquinamento diretto.

Alla Cop27, Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2022 (tenutasi dal 6 al 18 novembre in Egitto), l’esperta Amanda Starbuck, membro del gruppo di lavoro HLEG delle Nazioni Unite e direttore del programma per gli investitori Sunrise Project, ha denunciato il problema, sottolineando che “il greenwash è sfuggito al controllo. Le aziende e le istituzioni finanziarie che si impegnano per le zero-emissioni non possono più dichiararsi ignoranti o evitare di assumersi le proprie responsabilità con il greenwash: net-zero significa riduzione immediata delle emissioni climatiche e certamente nessuna crescita dei combustibili fossili. Oggi ci uniamo a scienziati, economisti e a un coro globale che chiede questa ambizione alle istituzioni finanziarie, alle aziende, alle città e alle regioni”.

La domanda di titoli finanziari sostenibili continua a crescere e la questione del greenwashing è diventato un problema che non può essere trascurato, perché se non gestito e prevenuto in modo efficiente può minare gli sforzi verso la decarbonizzazione delle organizzazioni pubbliche e private.

Dunque, le autorità pubbliche stanno attuando efficaci misure di policy basate sulla scienza, le aziende si stanno impegnando in un reporting di sostenibilità chiaro e preciso, mentre gli investitori responsabili stanno mettendo in pratica strategie e decisioni di investimento che non danneggino gli altri. Anche i consumatori però devono fare la loro parte, informandosi, chiedendo maggiore trasparenza e orientando le proprie scelte verso marchi più consapevoli.

Infine, gli esperti hanno evidenziato la necessità di interrompere subito tutti i nuovi progetti estrattivi e ogni finanziamento e investimento nelle fonti energetiche fossili, in modo da ridurre concretamente le emissioni assolute di CO2.

“Esorto tutti gli attori, comprese le città, le regioni, le imprese, gli investitori, le alleanze, i paesi e le autorità di regolamentazione, a prendere sul serio queste raccomandazioni e ad applicarle con urgenza”, ha dichiarato al Guardian Laurence Tubiana, amministratore delegato della Fondazione europea per il clima.

Negli Stati Uniti si sta sviluppando una taskforce per monitorare gli investimenti e la politica sostenibile delle aziende. In Francia sono state introdotte severe sanzioni economiche e multe fino all’80% del costo della campagna pubblicitaria in questione.

Nello specifico in Italia, secondo le direttive europee e le norme del sistema giuridico italiano si possono sanzionare le attività illecite legate al fenomeno del greenwashing. L’ente italiano che si occupa di sanzionare illeciti relativi a norme europee è la CONSOB, Commissione Nazionale per le Società e la Borsa.

Si può ricorrere anche ai sensi del Codice del Consumo, che prevede una normativa relativa alla pubblicità ingannevole. Infine, anche gli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana, sono da considerare perché citano la tutela dell’ambiente.

Anche se manca una legislatura organica e specifica per contrastare il greenwashing, esso è di fatto considerato come pubblicità ingannevole, e fino al 2014 era in capo all’Antitrust. Poi, nel 2014 è stato introdotto l’articolo 12 del Codice di Autodisciplina della comunicazione commerciale e ha stabilito come la vigilanza spetti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ha il compito di vigilare e reprimere la pubblicità ingannevole e sanzionare le aziende che praticano il greenwashing. Le sanzioni economiche possono arrivare a cinque milioni di euro.

Ci sono diversi esempi di greenwashing a cui fare riferimento:

  • Nel 2010 la San Benedetto è stata multata dall’Antitrust per aver pubblicizzato la bottiglie con riduzione di plastica ed emissioni senza avere effettuato studi che provassero la veridicità delle affermazioni e del claim “amica dell’ambiente”.
  • Nel 2012 la Ferrarelle è stata multata dall’Antitrust per aver pubblicizzato delle bottiglie definite “a impatto zero” grazie alla compensazione della CO2 emessa con la creazione di nuove foreste. La compensazione è durata solo due mesi, un tempo troppo breve per giustificare la definizione.
  • La Sant’Anna è stata multata per l’etichetta “Bio Bottle” che riportava pregi ambientali superiori al reale.
  • Nel 2013 H&M ha lanciato una campagna che prevedeva lo smaltimento e il riciclo dei capi usati. In realtà solo l’1% dei capi di abbigliamento, composto da un unico tipo di fibra, poteva essere realmente riciclato.
  • Nel 2017, Walmart è stata multata e ha pagato 1 milione di dollari per aver venduto prodotti in plastica presentati come “biodegradabili” o “compostabili” senza averne le caratteristiche.
  • Nel 2019 la Ryanair si è pubblicizzata come compagnia aerea europea a più basso livello di emissioni, ma tale affermazione non è stata supportata da alcun dato concreto.
  • Nel 2020 ENI è stata multata dall’Antitrust per pubblicità ingannevole sul carburante ENI Diesel+ dove vi erano affermazioni sul positivo impatto ambientale connesso all’utilizzo e sulle caratteristiche di risparmio dei consumi e riduzione delle emissioni
  • Il britannico di moda e cosmesi, ASOS, nel 2020 ha lanciato una collezione di 29 pezzi in poliestere riciclato definendola completamente sostenibile, ma la collezione rappresentava solo lo 0,035% della sua produzione complessiva (circa 85.000 pezzi).
Tags: ConsobCop27greenwashingimpresesanzioni

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