In Italia il piano Transizione 4.0, inserito all’interno della missione di “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”, potrebbe presto essere revisionato e diventare il piano Industria 5.0 o Transizione 5.0. L’obiettivo rimane quello di sostenere la trasformazione digitale delle imprese incentivando gli investimenti a sostegno della digitalizzazione attraverso il riconoscimento di un credito di imposta ma, in un’ottica 5.0, si darà maggiore attenzione alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica.
Del paradigma 5.0 si parla da alcuni anni. La Commissione europea ha presentato lo scorso gennaio un documento dedicato “Industry 5.0: verso una industria europea sostenibile, human-centric e resiliente”. L’industria 5.0 sposta l’attenzione dal valore per gli azionisti a quello per gli stakeholder. C’è chi la definisce come la ri-umanizzazione dei processi e chi, invece, pensa che riguardi le persone e il loro rapporto con robot e macchine intelligenti sfruttando la collaborazione tra i macchinari e il potenziale creativo unico dell’essere umano.
La differenza principale tra la quarta e la quinta rivoluzione industriale è che il paradigma 4.0. è centrato sulle tecnologie della comunicazione e dell’informazione mentre il modello 5.0 cerca di tenere insieme lo sviluppo economico-produttivo con la soluzione dei problemi sociali e ambientali. Le parole chiave della nuova rivoluzione sono infatti: approccio human-centric, sostenibilità e resilienza. Il primo concetto spinge sulla necessità di adattare il processo di produzione alle esigenze del lavoratore; il termine sostenibilità pone l’accento sull’economia circolare e sull’efficienza energetica; resilienza si riferisce alla necessità di sviluppare un più alto grado di robustezza nella produzione industriale.
Quella 5.0 è una società in cui le tecnologie informatiche avanzate, l’Internet of Things, i robot, l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata sono utilizzate attivamente nella vita quotidiana, nell’industria, nella sanità e in altre sfere di attività, non principalmente per un vantaggio economico, ma per il beneficio e la comodità di ogni cittadino. L’industria 5.0, infatti, avvantaggia tanto i lavoratori quanto le aziende. In particolare, i benefici per l’industria vanno da una migliore attrazione dei talenti, al risparmio energetico, all’aumento della resilienza generale.
Al momento di Industria 5.0 parlano soprattutto documenti e iniziative della direzione generale ricerca e innovazione della Commissione europea e si cominciano a vedere rare applicazioni concrete come il progetto in via di lancio denominato Sure 5.0 (“Supporting the smes SUstainability and REsilience transition towards Industry 5.0 in the mobility, transport & automotive, aerospace and electronics European Ecosystems”).
Questo programma europeo progetta di sostenere le Piccole e medie imprese (Pmi) europee. Il progetto mobiliterà 2,6 milioni di euro per 36 mesi e coinvolgerà circa 1.000 Pmi di cui 700 saranno valutate, 90 riceveranno servizi su misura dai partner e 53 riceveranno sostegno finanziario. Saranno promosse l’adozione e la diffusione di tecnologie avanzate, nonché l’adozione di pratiche di innovazione sociale che faciliteranno la duplice transizione (digitale e verde).
(C.D.G.)