Il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, ha accertato con sentenza in data 8 giugno 2020 la violazione dei diritti di esclusiva di Volkswagen ad opera della società campana Acacia, che produceva e commercializzava cerchioni dalle caratteristiche morfologiche molto simili a quelle registrate dal gruppo tedesco, trincerandosi dietro la difesa della c.d. clausola di riparazione.
La sentenza produce come effetti l’inibizione alla società Acacia della produzione e commercializzazione dei cerchioni in questione, il ritiro dal mercato dei pezzi già venduti e la pubblicazione del provvedimento su un quotidiano e una rivista di settore. I Giudici milanesi hanno rimesso la causa sul ruolo per la quantificazione del danno patito da Volkswagen in funzione della condotta illegittima della controparte.
Nella lunga guerra tra ricambisti indipendenti e case automobilistiche si è conclusa così, favorevolmente per queste ultime, una ennesima battaglia. Infatti, quella relativa all’applicazione della clausola di riparazione, c.d. match-fit, (art.124 CPI), che in via di eccezione consente di riprodurre l’aspetto esteriore di un pezzo di ricambio, identico a quello originario e tutelato come design, è una questione giuridica con enormi riflessi economici che si trascina da tempo. La Direttiva sul design (direttiva 98/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 1998) infatti non ha risolto il contrasto tra case automobilistiche, che pretendevano di avere il monopolio sui pezzi di ricambio, e i ricambisti indipendenti, i quali invece invocavano la libera concorrenza. In attesa di una normativa ad hoc che disciplinasse la materia, mai arrivata, è stata varata quella norma. Secondo tale regola la proprietaria dei modelli di cerchioni automobilistici non può azionare i propri diritti di monopolio contro i produttori di cerchioni identici, se questi ultimi sono utilizzati allo scopo di consentire la riparazione del prodotto complesso (automobile): la produzione di cerchi replica è legittimata dalla norma, purché essi vengano prodotti e venduti solo allo scopo di ripristinarne l’aspetto originario del veicolo, ad esempio nel caso di rottura o furto dei cerchioni originali.
L’Avv. Niccolò Ferretti, responsabile del dipartimento di Proprietà Intellettuale dello Studio Nunziante Magrone (www.nunziantemagrone.it) così commenta la decisione del Tribunale: “La pronuncia del Tribunale di Milano rappresenta un importante monito per tutte quelle imprese che intendono abusare della clausola di riparazione per giustificare la commercializzazione di repliche prodotte e vendute al di fuori dei limiti imposti dal legislatore. Se, infatti, da un lato, è sacrosanta la tutela degli interessi e diritti dei consumatori a poter sostituire pezzi di ricambio sinistrati o sottratti con repliche a basso costo, dall’altro, tuttavia, è altrettanto doveroso contenere tale facoltà nei precisi confini imposti dalla norma, onde evitare che si traduca in un comodo alibi affinché i produttori di ricambi indipendenti immettano sul mercato a loro piacimento vere e proprie contraffazioni”.