Dal 18 giugno 2017 è in vigore, in Italia, la legge n. 71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” ma, a due anni dall’emanazione, la norma resta sulla carta. Nonostante l’aumento di questo fenomeno e la diminuzione dell’età delle vittime (secondo i dati ufficiali della polizia postale, solo nei primi cinque mesi del 2019 si sono verificati numerosi casi in cui l’età delle vittime è scesa sotto ai 9 anni), il comitato tecnico di attuazione della legge – composto dal Ministero della Giustizia, dal Ministero dell’Interno, dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da quello del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero dello Sviluppo economico e da quello della Salute, dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dal Garante per l’infanzia e l’adolescenza – non è ancora stato attivato presso il Ministero della pubblica istruzione. Tale comitato avrebbe dovuto nascere entro un mese dall’entrata in vigore della legge e definire entro i 60 giorni successivi un piano integrato di contrasto e prevenzione al cyberbullismo. Tuttavia, anche se sono passati più di due anni, il comitato si è riunito solo una volta a febbraio 2018 e né il sistema di monitoraggio, né quello di contrasto sono entrati in vigore. I motivi per cui queste misure di sicurezza non sono ancora state attuate potrebbero essere due: le altre misure preventive, che con il loro raggio d’azione riescono a impedire che alcuni casi vengano posti all’attenzione delle autorità, e il fatto che per i reati considerati più gravi si debba procedere d’ufficio, cioè senza la necessità che la vittima sporga querela. Non è un caso che il Ministero della pubblica istruzione rivesta un ruolo fondamentale: la legge 71/2017 indica gli istituti scolastici come i soggetti preposti a formare i propri alunni in materia di educazione digitale e obbliga ogni scuola a nominare e formare un referente sul cyberbullismo, anche se nulla viene detto sul modo e attraverso quali mezzi questa formazione debba essere portata avanti. Dunque, se da una parte la legge affida all’istituzione scolastica compiti e responsabilità crescenti nei confronti degli adolescenti in materia di bullismo online, dall’altra non le garantisce i finanziamenti necessari per portare avanti questa sua missione. Che sia l’ennesimo tentativo da parte del Parlamento di scaricare ogni responsabilità sugli enti locali? Non lo sappiamo, ma una cosa certa in questo marasma c’è: ad oggi, anche se siamo stati i primi in Europa a formulare una legge per contrastare questo fenomeno, la norma è attualmente bloccata e, quindi, in parte inapplicabile. Tuttavia, trattandosi di un tema caldo che interessa le coscienze di più soggetti all’interno del panorama istituzionale e non solo, siamo certi che seguiranno ulteriori sviluppi.