Il Ministro della Salute, Roberto Speranza ha firmato una nuova ordinanza, annullando il precedente via libera per la riapertura delle piste da sci. L’ok era stato dato qualche giorno prima per la Lombardia ed il Piemonte, ma il Comitato tecnico scientifico ha ritenuto che non ci fossero le condizioni per una riapertura in sicurezza, visti i numeri che tornano a salire.
La reazione di commercianti ed operatori del settore turistico non si è fatta attendere e gli operatori hanno cominciato una vera e propria rivolta, a seguito dell’ennesimo rinvio al 5 Marzo della riapertura degli impianti da sci.
Chi sperava di poter tornare a sciare è rimasto deluso ma ancor più delusi sono rimasti gli operatori del settore che, dopo aver speso tanto denaro per mettere a norma gli impianti ed aprire in sicurezza, si sono visti revocare i permessi a poche ore dall’apertura degli impianti sciistici. E così la protesta, scontata e prevedibile, ci ha messo poco a nascere. Sui social, in particolar modo su Twitter, incalzano gli insulti e la rabbia degli operatori di un settore lasciato da solo ed abbandonato a se stesso.
Flavio Roda, presidente della Federazione Italiana degli Sport Invernali, ha affermato in maniera lapidaria: <Non c’è rispetto per le persone! Solo lo sci infetta?>.
Il richiamo, evidente e comprensibile, a tutta quella fetta di sport ad oggi consentiti, che non sono considerati “di contatto”. Ma di fatto, nemmeno lo sci si presta ad essere uno sport di contatto e, secondo gli operatori, con le dovute misure ed i contingentamenti previsti, la stagione sarebbe potuta cominciare.
Da questa mattina è in corso nella località La Polla, sulle piste del Corno dell’appennino Bolognese, una protesta degli operatori della neve. Ieri sera al Corno avevano persino pensato di forzare il blocco e di aprire lo stesso nonostante il decreto Speranza ma poi si sono ben presto accorti che le prenotazioni online stavano crollando, che le disdette arrivavano numerose, così si è deciso di organizzare una specie di sit in con la mascherina sulle piste. Un albergatore afferma: <Avevo molta fiducia in un uomo come Mario Draghi, invece questo governo parte malissimo, del resto di Speranza cosa volete che dica, per me a ‘sto punto vuol chiudere l’Italia; ma qui ormai viene tutelato sono chi ha lo stipendio fisso e i rischi di un’emergenza sociale per me sono alti>.
Marco Palmieri, il socio forte della cordata, quella pratica montanara che vede più alpinisti compiere scalate uniti da una corda, e che è anche noto come “mister Piquadro”, essendo il Ceo dell’importante azienda italiana di pelletteria, è furibondo: <Sia ben chiaro, io non sono né un medico né un virologo e non entro nel merito della decisione. Ma nelle modalità sì: è possibile che in questo Paese venga tutto deciso last minute, senza un minimo di pianificazione? Ci rendiamo conto delle conseguenze? Provvedimenti simili ben che vada portano a contrazioni dei consumi, mal che vada generano inquietudini nelle persone, paura, depressione, rischio di ammalarsi. Una decisione simile non poteva essere presa con più calma? Sarebbe stato tutto molto diverso. Io nel week end avevo appena parlato ai nuovi 15 assunti stagionali, neanche tutti giovani, gente che ha bisogno di lavorare per mangiare. Ecco, io a questo punto mi aspetto che il governo, dopo questo decreto, informi tutti noi di quanto ci rifonderà. Perché qui c’è gente che fa fatica a mangiare, e bisogna che a Roma se ne rendano conto. Ripeto, non entro nel merito della decisione, ma nella tempistica. Dicano ora, subito, quanto daranno, si sbrighino però>.
E ancora: Luciano Magnani, presidente del consorzio che gestisce gli impianti sul Monte Cimone in Emilia Romagna, è furioso: <Il rischio è quello dell’emergenza sociale, io non ho parole per quanto è successo, eravamo pronti, e invece neanche siamo stati informati, perché lo abbiamo appreso dai telegiornali, il giorno prima dell’apertura; se ci pensiamo è pazzesco, con quello che avevamo speso per organizzarci, assumere gente. Non c’è la minima considerazione nei confronti della montagna e dei suoi operatori, a me questo pare inaccettabile, assurdo. Avevamo venduto i biglietti online, ci eravamo adeguati ai protocolli. Gli impiantisti, gli operatori della neve non guadagnano un euro dal 9 marzo scorso, non so se mi spiego>.
L’apertura, per il momento, è rimandata al 5 marzo. Il danno sarà purtroppo enorme: alberghi, negozi e ristoranti avevano pianificato la ripartenza richiamando dipendenti e accettando innumerevoli prenotazioni. Chi ripagherà tutto questo?
L’unica speranza è nel fatto che la neve c’è e che continui ad esserci e oltretutto la festività pasquale cadrà il 4 aprile, ma molto dipenderà dalle temperature. Ma visto quel che è successo in queste ultime ore, l’incognita più grande non riguarda tanto il meteo, semmai i palazzi romani.
E se di Speranza si tratta, lo stesso presidente della Lombardia, Attilio Fontana commenta: <Trovo assurdo apprendere dalle agenzie di stampa la decisione del ministro della salute di non riaprire gli impianti sciistici a poche ore dalla scadenza dei divieti. E’ una decisione che dà un ulteriore colpo gravissimo ad un settore che stava faticosamente riavviando la propria macchina organizzativa>.
Come Fontana, anche l’assessore regionale lombardo alla montagna, Massimo Sertori ha dichiarato con rabbia: <Il Ministro Speranza deve chiedere scusa e provvedere immediatamente ad indennizzare tutti coloro che si sono fidati delle sue decisioni>. L’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi scrive sulla sua bacheca di Facebook: <Non si può dalla sera alla mattina dire a chi si è rifornito, a chi si è organizzato, a chi ha formalizzato contratti stagionali che non può lavorare. Ci vuole buon senso e avere buon senso è conoscere il mondo del ‘lavoro’. Così il danno economico è doppio: con sole 12 ore di anticipo è stata cancellata una programmazione di settimane. È davvero inaccettabile il fatto che qualcuno non se ne renda conto>.