Durante i primi 6 mesi di pandemia, i casi di disturbi del comportamento alimentare sono aumentati del 40% rispetto ai primi 6 mesi del 2019: nel primo semestre 2020 sono stati rilevati 230.458 nuovi casi contro i 163.547 del primo semestre 2019. Lo rilevano i dati relativi a una survey conclusasi a febbraio 2021, basata sull’incrocio di diversi flussi informativi analizzati dal Consorzio Interuniversitario Cineca.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, anoressia e bulimia sono la prima causa di morte per malattia tra i 12 e i 25 anni. I numeri rilevano infatti che in Italia c’è stato un abbassamento dell’età media in cui si contrae la patologia: il 30% delle persone che soffrono di disturbi alimentari ha meno di 14 anni, con una maggiore diffusione anche tra i maschi, che registrano il 10% dei casi tra i 12 e i 17 anni, mentre fino a dieci anni fa erano indenni.
La fascia di popolazione più colpita rimane quella di età tra i 12 e i 25 anni, ma, stando ai dati presentati oggi, ci sono esordi precoci di bambini di 8-9 anni e persone adulte di 40 -50 anni che si ammalano per la prima volta. In un certo senso si tratta di forme nuove di depressione che possono colpire tutti, indistintamente dal livello sociale e culturale. Ma l’attenzione estrema all’immagine corporea, il culto della magrezza non sono la causa dei disturbi alimentari, che rappresentano un malessere più profondo e strutturale.
È in evoluzione la mappa dell’ISS dedicata ai servizi sui disturbi alimentari, ad oggi sono 108 le strutture accreditate su tutto il territorio nazionale. Facilitare la richiesta di aiuto e informare sull’assistenza sono gli obiettivi della mappatura dei centri, dopo aver censito le strutture dell’SSN, l’Istituto ha iniziato a mappare anche i centri del privato accreditato, notando un forte impatto e coinvolgimento su questi disturbi del comportamento alimentare. Risultano in carico al 65% dei Centri censiti quasi 9.000 utenti, prevalentemente donne (90%). Sono 1.099 i professionisti che lavorano nei centri, tutti formati: soprattutto psicologi (21%), psichiatri o neuropsichiatri infantili (17%), infermieri (14%) e dietisti (11%).