Con “diritto all’oblio” si intende una forma di garanzia che prevede la non diffusione o la rimozione di informazioni online di una persona. Il diritto all’oblio può essere esercitato da chiunque sia coinvolto in fatti di cronaca. Se dunque non c’è un interesse pubblico o attuale riguardo ad una vicenda che coinvolge l’individuo in questione, nome, foto e altri dettagli di natura personale, trascorso un determinato periodo di tempo dai fatti ricercati, possono essere rimossi dai motori di ricerca.
Con l’avvento di internet i fatti rimangono online per un tempo indefinito, ovvero fino alla possibile cancellazione della pagina in cui è presente il contenuto. Un modo per esercitare il diritto all’oblio è dunque la deindicizzazione, vale a dire la rimozione del tag che consente ai motori di ricerca di trovare un contenuto in base alle parole chiave ricercate dagli utenti.
Il Garante della Privacy ha delineato alcune linee guida secondo le quali, per poter ricorrere al diritto all’oblio su una notizia, devono essere trascorsi almeno due anni dalla pubblicazione e la vicenda narrata deve essere considerata ormai conclusa. Inoltre la richiesta che un privato può fare per esercitare tale diritto è soltanto quella di deindicizzazione, quindi non può chiedere di cancellare la pagina poiché il Garante ha stabilito che una notizia considerata vecchia può tornare di attualità e di interesse pubblico, soprattutto nel caso in cui la notizia tratti risvolti penali e giudiziari.
Google ha una pagina apposita in cui si può chiedere la rimozione delle informazioni personali sulla base del Regolamento generale sulla protezione dei dati, nella quale è possibile compilare un modulo per chiedere la rimozione dalla ricerca di Google di specifici risultati relativi a chiavi di ricerca che includono il nome di una persona. Google poi può decidere se rimuovere o meno il link, poiché deve bilanciare i diritti alla privacy dei privati con il diritto all’informazione, quindi con l’interesse pubblico di avere accesso alle informazioni. Può ad esempio decidere di non deindicizzare una pagina che riguarda informazioni su frodi finanziarie, negligenza professionale, condotte penali o la condotta pubblica di funzionari governativi.
Si può anche chiedere al titolare del sito di procedere con la cancellazione, ma l’unica cosa che si può pretendere è la deindicizzazione. Se la richiesta rivolta a Google e al responsabile della pagina o del sito non dovesse andare a buon fine, si può procedere per vie legali presentando un ricorso al Garante della Privacy o ad un giudice.