Il canone RAI è una delle imposte più note in Italia il cui importo annuo è di 90 euro e viene pagato tramite dieci rate mensili, da gennaio a ottobre. La proposta della Lega prevede una progressiva riduzione dell’importo del canone RAI, con un taglio a cadenza annuale del 20% fino al suo totale azzeramento entro cinque anni.
L’ultima riforma è del 2015 e ha istituito l’Amministratore delegato nominato dal Cda, ha introdotto la figura del presidente di garanzia e alcuni obblighi di trasparenza, tra cui quello per i contratti sopra i 200mila euro. Numerose erano state poi le proposte di legge che però non si sono mai concretizzate in nuove riforme. Solo nel 2022 sono state discusse al Senato ben otto proposte tutte orientate a superare la tanto discussa legge n. 220/2015 con la quale si ratificava il meccanismo di nomina dei vertici dell’Azienda da parte del Governo. Le diverse iniziative parlamentari puntavano sul superamento di questo gap normativo per andare verso la definizione di un organo terzo (una Fondazione) in grado di garantire indipendenza e autonomia dalla politica. Nessuna si è poi realizzata concretamente.
Oggi la battaglia condotta dalla Lega, come si legge nel provvedimento, si basa sul fatto che il canone risulta “anacronistico e ingiusto, in quanto è dovuto per la semplice detenzione di apparecchi atti o adattabili a ricevere un segnale”. Sempre a proposito del canone viene confermato che “laddove sussista ancora oggi l’impossibilità di accesso alla rete o l’impossibilità di fruizione del servizio da parte degli utenti per motivi estranei alla propria volontà, il pagamento del canone di abbonamento non è dovuto”.
Il Carroccio adesso sembrerebbe voler passare quindi dalle parole ai fatti ma c’è da considerare che, essendo un disegno di legge, l’iter della proposta potrebbe essere lungo e tortuoso specie se non incontra il favore nella stessa maggioranza.
Infatti, fin dai tempi della proposta di Matteo Renzi nel 2018 di dire addio al canone, Silvio Berlusconi era contrario alla misura per le ripercussioni su Mediaset. Senza il canone, infatti, la RAI dovrebbe finanziarsi esclusivamente attraverso la raccolta pubblicitaria proprio come fa ora Mediaset, e ciò creerebbe molta concorrenza.
Altra novità che viene proposta nella bozza è quella di ridefinire i ruoli del servizio pubblico perché “il servizio radiofonico, televisivo e multimediale è un servizio pubblico indispensabile per mantenere e affermare i valori culturali e sociali e difendere, al contempo, le identità locali”. La Lega chiede “un’informazione fruibile e condivisibile offerta tramite televisione, radio e altri dispositivi multimediali diffusa attraverso le diverse piattaforme che risponda, prioritariamente, ai compiti di libertà, completezza, obiettività e pluralismo dell’informazione, nonché di valorizzazione delle identità locali e delle minoranze linguistiche”.
Nella bozza è stata inserita anche l’idea di un nuovo canale interamente dedicato alla trasmissione di programmi e rubriche di promozione culturale, nel quale non possono essere trasmessi spot.
Un articolo poi elenca le tipologie di trasmissioni da programmare tra cui quelle idonee a comunicare al pubblico una più completa e realistica rappresentazione del ruolo che le donne svolgono nella vita sociale, culturale ed economica del Paese, nonché nelle istituzioni e nella famiglia, valorizzandone le opportunità, l’impegno e i successi conseguiti nei diversi settori, in adempimento ai principi costituzionali.
Infine, l’articolo 5 riorganizza la governance della Rai-Radiotelevisione italiana S.p.A.: “Si prevede innanzitutto un’estensione della durata temporale della concessione fino a dodici anni per dare continuità e certezza. Con lo stesso spirito, si estende a cinque anni il mandato dei membri del consiglio di amministrazione e si prevede che non possano ricoprire tale incarico per più di due mandati consecutivi. Si prevedono 7 membri del Consiglio d’amministrazione: il presidente e l’amministratore delegato, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, 4 membri eletti dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e uno designato dall’assemblea dei dipendenti della RAI”. Infine, i leghisti puntano a un contenimento dei costi e di garanzia sulle responsabilità editoriali. La loro proposta prevede che non si possa esternalizzare più del 30 per cento delle produzioni, organizzazioni e realizzazioni di trasmissioni.
(C.D.G)