Secondo l’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, i lavoratori da remoto oggi sono circa 3,6 milioni, quasi 500mila in meno rispetto al 2021. In piena pandemia erano 7 milioni, un terzo della totalità dei lavoratori dipendenti, mentre adesso rappresentano appena il 14,9% (secondo i dati Inapp – Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche).
Circa la metà di tutti gli smart worker d’Italia lavora nelle grandi aziende: 1,84 milioni dopo il picco di 2,1 milioni toccato durante la pandemia. Il 91% delle grandi imprese ha deciso di adottare il lavoro a distanza, mediamente con 9,5 giorni di lavoro da remoto al mese, soprattutto per venire incontro alle esigenze dei propri dipendenti, per risultare attraente agli occhi dei candidati e per ridurre il tasso di abbandono. Invece, nelle piccole e medie imprese il tasso di utilizzo è passato dal 53% al 48%, in media per circa 4,5 giorni al mese.
Nella pubblica amministrazione il picco di lavoratori da remoto è stato toccato in piena pandemia, quando più della metà (1,8 milioni) dei dipendenti ha avuto la possibilità di lavorare da casa. Con la fine dell’emergenza sanitaria molte realtà sono tornate ai modelli di lavoro tradizionali e così il lavoro a distanza ha registrato una contrazione del 70%. Attualmente si stima che i lavoratori pubblici a cui è data la possibilità di lavorare da remoto siano 570mila, il 33% in meno rispetto allo scorso anno. In particolare, l’utilizzo dello smart working è stato adottato nel 2022 solo nel 57% degli enti, a fronte del 67% dell’anno precedente, con in media 8 giorni di lavoro da remoto al mese. Tuttavia, per il 2023 si prevede un’inversione di tendenza, con una crescita prevista di circa il 20% del numero di lavoratori pubblici coinvolti.
Inoltre, molte organizzazioni sono consapevoli del fatto che per far sì che i propri lavoratori tornino in ufficio con piacere e motivazione, bisogna creare degli ambienti in grado di supportare le attività lavorative. Per questo motivo il 52% delle grandi imprese, il 30% delle PMI e il 25% della PA ha già apportato modifiche ai propri spazi di lavoro.
Bisogna anche sottolineare che non tutte le aziende sono in grado di adottare il lavoro agile. Infatti, secondo l’Inapp, l’84% dei lavoratori delle imprese con meno di 5 dipendenti svolge mansioni che non possono essere eseguite da remoto. La percentuale scende al 56,4% per le medie imprese, e al 34,2% per quelle con più di 250 addetti. Al momento, come citato, solo il 14,9% degli occupati in Italia lavora da remoto nonostante il 40% potrebbe sbrigare le proprie pratiche anche in smart working.
(S.F.)