Il Garante per la protezione dei dati personali, nei giorni scorsi, ha diffuso un’interessante informativa riguardante il fenomeno dello “sharenting”, neologismo che deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità); la parola indica quindi la condivisione di contenuti che riguardano i propri figli/e (foto, video, ecografie, storie) da parte dei genitori.
Il Garante della privacy vuole rendere sempre più consapevoli gli adulti dei potenziali pregiudizi a cui sottopongono i minori nel praticare lo sharenting, ribadendo che la pubblicazione sui social non è innocua specie se implica un’eccessiva e costante sovraesposizione online nonché la cessione di dati sensibili.
Infatti, nel momento in cui i file vengono inseriti online, si ha una perdita di controllo del contenuto. La situazione è particolarmente rischiosa se si considera che l’immagine del minore è un dato personale delicato. La rischiosità si ha sotto un duplice aspetto: in primo luogo i dati potrebbero finire nelle mani di malintenzionati ed essere utilizzati a fini pedopornografici, ritorsivi o comunque a fini impropri da parte di terzi come il cyberbullismo; in seconda battuta la diffusione potrebbe avere ripercussioni sulla crescita e sul futuro del minore.
Il Garante della privacy è convinto che lo sviluppo biologico andrà sempre più in parallelo con lo sviluppo “digitale” dell’identità. I nostri comportamenti sul web contribuiscono infatti a definire l’immagine e la nostra reputazione online o quella della persona di cui si postano foto e video in diversi momenti della vita. Questi dati, accompagnati da informazioni tra cui l’indicazione del nome o l’età o i dati di geolocalizzazione, aiutano a delineare la “fisionomia digitale” della persona.
Il Garante suggerisce quindi delle accortezze che i genitori dovrebbero seguire per tutelare i loro figli sia oggi che nel futuro. In primis bisogna evitare l’identificazione del minore stesso, ad esempio pixellando la faccia; bisogna poi cercare di limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono o che siano affidabili; va evitata inoltre la creazione di un account social dedicato al minoreconsiderando che il minorenne, “fisiologicamente”, è meno consapevole dei rischi e delle potenziali conseguenze di una sua sovraesposizione digitale.
(C.D.G.)