La Direttiva UE 2019/790 del Parlamento europeo e del consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale, detta anche Direttiva Copyright, è un testo normativo che va a modificare le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE.
L’obiettivo di tale Direttiva è quello di adeguare e completare l’impianto normativo, bilanciando i diversi interessi in gioco. In particolare:
- i diritti degli autori e dei titolati di diritti connessi a ottenere una remunerazione per il proprio lavoro;
- quello degli utenti alla libertà di espressione e all’accesso ai contenuti;
- la libertà delle piattaforme Web e di altri operatori economici a poter operare
Alcuni punti della Proposta di Direttiva hanno suscitato proteste da parte dell’opinione pubblica, poiché potrebbero cambiare il modo in cui viene usato Internet e secondo i maggiori detrattori portare a un controllo sulla libera circolazione delle informazioni online.
Il dibattito sollevatosi è concentrato in particolare intorno ad alcuni specifici articoli della Direttiva:
- l’art.3-7 sull’eccezioni e limitazioni a diritto d’autore e diritti connessi nell’ambiente digitale e nel contesto transfrontaliero nonché per finalità di conservazione del patrimonio culturale;
- L’art.14 sulla riproducibilità delle opere d’arte di pubblico dominio;
- L’art.15 sulla protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo online;
- L’art.17 sulla protezione dei contenuti da parte di prestatori di condivisione.
L’applicazione della Direttiva del Copyright è dunque un passaggio complesso per il Parlamento, e ha visto la mediazione tra istanze contrapposte e diverse. Ciò non mette la parola ‘fine’ ma rappresenta un passaggio verso prospettive che possono essere viste in chiave ottimistica da chi ha creatività e quindi rivendica il diritto d’autore e la possibilità di farsi pagare nel futuro.
Inoltre, il mondo sotto questo profilo si sta evolvendo in modo talmente veloce che oggi ci troviamo nella condizione di dover tutelare una serie di diritti, ma l’auspicio è che un domani le complicazioni legate a questi diritti potranno dissolversi con l’evoluzione del digitale.
È per questo che l’attuazione della Direttiva ha sollevato numerosi e controversi pareri.
I decreti legislativi del governo presentano problemi di antitrust, vale a dire il complesso delle norme che sono poste a tutela della concorrenza sui mercati economici.
L’articolo 15 prevede la possibilità per gli editori di ottenere dalle piattaforme come Google e Facebook un compenso per la pubblicazione dei loro contenuti online.
Così Roberto Rustichelli, presidente dell’Autorità garante del mercato e della concorrenza, nel parere mandato ai presidenti di Camera e Senato e al presidente del Consiglio sullo schema di decreto che recepisce la Direttiva Ue sul copyright, afferma: “L’Autorità ritiene che il recepimento in Italia della Direttiva Copyright presenti rilevanti criticità concorrenziali che potrebbero compromettere lo sviluppo dei mercati relativi all’intermediazione dei diritti nel contesto digitale. Le previsioni innanzi indicate delineano un approccio eccessivamente dirigistico, con un pervasivo, e sovente inefficace, intervento dei pubblici poteri che non incentiva il dispiegarsi di corrette dinamiche negoziali e che peraltro è ricco di significative e ingiustificate discriminazioni concorrenziali. Al contrario, lo spirito della Direttiva Copyright richiede lo sviluppo di strumenti che favoriscono l’efficace contrattazione dei diritti, sulla base del libero esplicarsi dell’autonomia negoziale delle parti interessate e del rispetto del principio della libertà d’impresa”.
Federico Mollicone, capogruppo in commissione Editoria del movimento FDI, è critico nei confronti del parere dell’Antitrust in materia di concorrenza normata dall’articolo 15 della Direttiva, tanto da affermare che: “Il parere dell’Antitrust inviato al Governo e al Parlamento sul decreto legislativo di recepimento della Direttiva Copyright appare “sartoriale” per ciò che concerne l’articolo 15, un ‘pre-giudizio’ apparentemente a tutela delle piccole e medie imprese editoriali ma a favore delle piattaforme digitali. Il provvedimento introduce, infatti, anche grazie ai nostri ordini del giorno, un meccanismo di negoziazione obbligatoria proprio a tutela principale dei piccoli editori”.
L’Antitrust rileva che la Legge sul diritto d’autore, nell’indicare i parametri per la definizione dell’equo compenso, prevede variabili quali la durata dell’attività e la rilevanza degli editori, nonché il numero dei giornalisti impiegati.
Questi parametri, secondo l’Authority, non aiutano a quantificare l’apporto al risultato economico del contenuto ma “sono invece idonei a determinare improprie discriminazioni a sfavore degli editori nuovi entranti e di dimensioni minori, favorendo ingiustificatamente gli editori incumbent”. Inoltre, l’Antritrust chiede che il decreto sia più preciso nel descrive quali siano i “massimi sforzi’’ che il prestatore di servizi deve attuare per ottenere le necessarie autorizzazioni alla divulgazione dell’opera e che tra questi sia incluso “l’effettivo coinvolgimento delle imprese di intermediazione attive e la cui operatività è già oggi sottoposta, dall’ordinamento vigente, alla verifica del rispetto di ampi obblighi di trasparenza”.
Altro aspetto critico della disciplina che è stato messo in discussione è l’esonero dei giganti del web dal compensare gli editori per la pubblicazione di snippet, ovvero estratti testuali o un esempio di codice sorgente, di solito distribuito nel pubblico dominio o come freeware.
L’articolo riconosce un’eccezione per cui non sarebbe necessario il pagamento, ovvero alla presenza di “estratti molto brevi”. Definizione però molto vaga e inadeguata in un contesto tale. Su questo punto, infatti, molti si sono espressi per sottolineare l’importanza di avere criteri più oggettivi al fine di indentificare in maniera corretta gli estratti brevi.
L’ex commissario Agcom Francesco Posteraro in un parere per Repubblica scrive: “La nozione degli snippet rischia pertanto di rimanere troppo vaga, in quanto tale suscettibile di dare luogo a infiniti contenziosi e a letture interpretative tutt’altro che univoche. Un ancoraggio più saldo, e allo stesso tempo più coerente con le finalità della Direttiva, potrebbe semmai essere fornito da una definizione che li qualifichi come estratti non suscettibili di autonomo sfruttamento economico: se non devono dar luogo a compenso, è perché non possono generare profitti”.
“Abbiamo avuto un percorso molto articolato e complesso nella discussione per dare il parere in commissione, sia alla Camera che al Senato, riguardante il decreto legislativo di attuazione della legge delega in merito alla Direttiva europea sul copyright”. Così la senatrice Fiammetta Modena, in merito al via libera nelle Commissioni nei due rami del Parlamento al parere sullo schema di decreto che dà attuazione alla disposizione europea 2019/790. “È stato un percorso complesso in quanto ancora oggi c’è bisogno di tempo per capire tutte le implicazioni sul diritto d’autore nel digitale. Sono stati fatti passi in avanti nella tutela di quelle che sono le istanze di piccoli autori, di realtà che si sono viste travolte dal mondo digitale, ma probabilmente il passo ulteriore che sarà fatto, non ora ma in prospettiva, è che questi due mondi che si sono fronteggiati nella difesa del diritto d’autore sapranno trovare in questa evoluzione del digitale anche un’opportunità e non solo una mera difesa dei diritti”.