Siamo davanti a dei cambiamenti che non passano inosservati e, nei prossimi anni, scindere la realtà dal digitale sarà cruciale ma difficile. Per questo motivo, bisogna muoversi in anticipo individuando nuovi spunti al fine di modernizzare l’esperienza lavorativa.
In quest’ottica entrano in gioco attività connesse alla realtà virtuale, seppur da perfezionare: possiamo immaginare videocall più immersive e dinamiche più creative, ma la vera sfida dei datori di lavoro riguarderà ancora la cultura. A questo proposito, Alessio Carciofi, docente universitario di marketing e digital wellbeing, sottolinea che metodi ibridi, come lo smart working, possano essere efficaci. Inoltre, il professore propone di attribuire ai dipendenti un avatar in sostituzione della semplice icona di presentazione. Tuttavia, imboccando questa strada, si assisterà ad una spaccatura tra dipendenti di generazione Z e Boomer. Questi ultimi, in un contesto sconosciuto, potrebbero perdere, almeno all’inizio, la loro solita produttività.
Le aziende non possono ignorare queste nuove tendenze, anche perché le ultime generazioni danno priorità ad aspetti che Carciofi definisce di “mental e digital wellbeing da anni inascoltati”. Sui posti di lavoro, infatti, si registrano investimenti importanti per dispositivi tecnologici sempre più performanti, ma è assente la creazione di un serbatoio di valori in grado di suscitare un forte senso di appartenenza nei dipendenti. Problemi come il quiet quitting, cioè il disinteresse a svolgere compiti straordinari, vanno affrontati attivamente in modo da invertire correttamente la rotta.
In conclusione, Carciofi propone la stesura di “una carta di valori e indicazioni per la gestione dei nuovi dati biometrici e di una privacy emotiva che molti ancora non conoscono”. Dunque, bisognerà dimostrare apertura mentale per fiutare nuove opportunità.
M.P.