Parla Giuseppe Catalano, Presidente Aigi – Associazione Italiana Giuristi d’Impresa – che racconta le sfide vissute dai legali d’azienda durante la pandemia e disegna gli scenari del prossimo futuro in materia di utilizzo del digitale e di riconoscimento professionale
Quali sono le principali sfide che voi giuristi d’impresa vi siete trovati ad affrontare con la pandemia da Covid-19?
Come ho già avuto modo di affermare in altre occasioni, non penso che quest’emergenza mondiale sia un mero incidente di percorso. Non ne siamo ancora usciti e non penso che ne usciremo in tempi brevissimi: quindi, come giuristi d’impresa, dobbiamo mantenere la guardia alta anche per il bene delle nostre aziende. Nel medio-lungo termine, l’esperienza vissuta ci costringerà ad allargare la nostra visuale della valutazione sui rischi legali, includendone altri fino a poco tempo fa del tutto imponderati. Ma questo non comporterà solo che nei contratti, d’ora in poi, ci sarà una clausola “Pandemics”. Mi aspetto infatti effetti più dirompenti anche nelle modalità di regolamentazione legale dei rapporti tra privati e tra società: è probabile, ad esempio, che dovremo ripensare alle clausole di forza maggiore o alla modalità di risolvere contenziosi su temi di tale rilievo.
L’emergenza coronavirus ha dato una forte spinta alla digitalizzazione delle attività e allo smart working. Cosa ne pensa? E’ un trend destinato a continuare e a trasformare il modo di lavorare?
Forse è sbagliato parlarne in questa maniera, a pandemia ancora in corso e con una seconda ondata che sembra essere molto minacciosa, ma non tutti i mali vengono per nuocere. Senza le necessità imposte della pandemia, forse molte aziende non si sarebbero rese conto della disruption che il digitale impone nelle attività quotidiane, sia sotto il profilo delle modalità lavorative sia sulle problematiche (legali, ma non solo) che si pongono. Non si tratta solo di una moda passeggera: si tratta, invece, di una trasformazione irreversibile della nostra attività, sia nel “come”, sia sul “cosa” sia sul “quando”. All’inizio del mandato del Consiglio Generale di AIGI che presiedo, e quindi ben prima dell’esplosione della pandemia, abbiamo avviato un “cantiere” sui temi del digitale e dell’intelligenza artificiale nel nostro lavoro, ritenendoli già allora di importanza strategica per il ruolo del giurista d’impresa: l’evoluzione dei fatti ci ha dato ragione.
In questi mesi, avete svolto attività particolari come AIGI per supportare i vostri associati?
In questi mesi non solo le attività dell’Associazione non si sono fermate, ma anzi sono state ancora più numerose, con iniziative che hanno avuto spesso come focus il ruolo che i legal counsel hanno avuto e stanno avendo per gestire molte ricadute della pandemia nelle rispettive aziende. Ricordo, ad esempio, a stagione assembleare appena cominciata, un webinar su come preparare l’Assemblea di una quotata alla luce delle disposizioni del cd. Decreto Cura Italia, occasione in cui fornimmo un utilissimo “abbecedario” per affrontare problematiche del tutto nuove. Anzi: proprio essere costretti ad evitare incontri dal vivo ha consentito il coinvolgimento di tanti colleghi di società al di fuori dei circuiti tradizionali ed ha permesso a tanti associati di vivere AIGI in maniera ancora più diretta.
Quali proposte fatte alle istituzioni per migliorare il riconoscimento e il posizionamento dei giuristi d’impresa nel contesto delle attività legali?
AIGI è stata costituita quasi mezzo secolo fa con il fine di valorizzare la figura e il ruolo del giurista d’impresa, promuovendone il riconoscimento dello status giuridico e la formazione professionale. Molte cose in questi anni sono cambiate. La figura del giurista d’impresa ha assunto un ruolo sempre più strategico e centrale nelle scelte aziendali. Proprio oggi, ad esempio, una collega mi chiedeva come mai il tema della sostenibilità sia stato “affidato” in molte imprese alla funzione legale: la mia risposta è stata che questa è una delle tante testimonianze della centralità del ruolo dei legali interni, divenuti sempre più dei business partner senza perdere la loro competenza tecnica. Come Associazione, non rimaniamo ad aspettare un riconoscimento legislativo che tarda ad arrivare, ma perseveriamo nel consolidare quel riconoscimento di fatto che ormai non può essere negato alla nostra professione: un altro dei “cantieri” cha abbiamo avviato da un anno e mezzo a questa parte si propone, infatti, l’obiettivo di una certificazione di qualità dei giuristi d’impresa, creando uno schema contenente requisiti conformi all’attività di valutazione secondo standard internazionali. Stiamo percorrendo in questo modo la strada che ci porterà ad avere presto una sorta di profilazione delle caratteristiche irrinunciabili, insomma del DNA del giurista d’impresa. Solo alla fine di questa autoanalisi ci renderemo forse conto del percorso di crescita che la figura del giurista d’impresa ha intrapreso in questi anni e degli ulteriori margini di crescita che abbiamo davanti.