Klaus Schwab, il fondatore del World Economic Forum, lancia un monito efficace a chi si occupa di intelligenza artificiale, invitando a mantenere alta l’attenzione sulle questioni morali ed etiche sollevate dalla ricerca d’avanguardia su questa nuova tecnologia. Dalla Proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (legge sull’intelligenza artificiale) e modifica alcuni atti legislativi dell’Unione[1] del 21 aprile 2021 emerge chiaramente che il focus della norma è rappresentato proprio dal rischio che caratterizza il suo impiego.
La Commissione EU non ha elaborato una semplice proposta di regolamento, spingendosi a configurare un passaggio dal mercato unico europeo al mercato unico digitale, come emerge dal primo considerando. Chiarisce come l’intervento normativo miri ad impedire agli Stati membri di imporre restrizioni allo sviluppo, alla commercializzazione e all’uso di sistemi di intelligenza artificiale che non siano previsti dalla stessa proposta di regolamento. Non a caso, subito dopo l’emanazione di quest’ultima, la Commissione UE ha proposto anche il Piano coordinato di revisione dell’intelligenza artificiale 2021[2] e il Regolamento del Parlamento e del Consiglio relativo alle macchine[3]. Si tratta di proposte che dimostrano la percezione del rischio e la necessità di costruire un mercato europeo digitale sicuro, affidabile ed etico.
L’intelligenza artificiale è un insieme di tecnologie in rapida evoluzione, in grado di apportare una vasta gamma di benefici economici a tutte le attività industriali e sociali, ma anche considerevoli rischi per il soggetto intorno al quale il diritto comunitario nasce e cresce: l’essere umano.
Il passaggio dal mercato unico europeo al mercato unico europeo digitale resta l’obiettivo al quale guarda la Commissione Europea guidata da Ursula Von der Leyen. L’intelligenza artificiale consente il miglioramento delle previsioni, l’ottimizzazione della fornitura di servizi, concorre al conseguimento di risultati vantaggiosi dal punto di vista sociale e ambientale, oltre a vantaggi competitivi d’impatto fondamentale per le imprese e l’economia europea.
Questo è fondamentale in settori ad alto impatto, sui quali lavorano molte start-up di area Internet of Things, fra i quali figurano il settore del cambiamento climatico, dell’ambiente, della sanità, della finanza, della mobilità e dell’agricoltura.
Un primo elemento rilevante è rappresentato dalla centralità del rischio, perché se i vantaggi sono immediatamente percettibili, i rischi devono essere oggetto di apposita indagine. Questo pone le scelte giuridiche europee in materia di IA, incentrate sulla tutela dei cittadini e delle cittadine, agli antipodi rispetto a quelle statunitensi, incentrate sul mercato e sugli interessi delle aziende. La Commissione UE sta alacremente lavorando a questo scopo dal 19 febbraio 2020, data di uscita del Libro Bianco sull’Intelligenza Artificiale[4]. Ursula Von der Leyen lo ha chiarito negli orientamenti politici per la Commissione 2019-2024, dal titolo Un’Unione più ambiziosa, dove ha annunciato che la Commissione UE avrebbe proposto una serie di norme per un approccio europeo focalizzato sulle implicazioni umane ed etiche. In particolare, il Libro Bianco presenta due fondamentali obiettivi: la promozione dell’adozione dell’IA dal un lato e la lotta ai rischi che comporta dall’altro. Sembra di poter concludere, che la Proposta di regolamento intervenga proprio su quest’ultimo settore, costruendo un quadro giuridico affidabile.
La proposta passa in rassegna i diritti fondamentali delle cittadine e dei cittadini comunitari, per tutelare i quali struttura un uso trasparente e conforme alla legge dell’IA. Sembra cogliersi un’analogia con le prescrizioni del GDPR. L’obiettivo della sicurezza nella circolazione dei dati è perseguito con una strategia molto articolata, prevalentemente incentrata sulla trasparenza del processo di trattamento dei dati[5].
Il 2 ottobre 2020, il Consiglio UE ha aperto espressamente la strada alla Proposta di regolamento. In particolare sia il Parlamento UE che il Consiglio hanno ripetutamente chiesto un intervento legislativo sulle nuove tecnologie, che garantisca il buon funzionamento del mercato interno. Il Parlamento UE ha rilevato come la pandemia da Covid-19 abbia reso definitivamente improcrastinabile l’accelerazione della transizione digitale. Gli obiettivi che appaiono chiari sono: 1. il rafforzamento della base economica comunitaria; 2. il rafforzamento della competitività europea; 3. l’agevolazione della transizione verde; 4. la creazione di nuovi posti di lavoro e 5. il miglioramento della vita dei cittadini.
La creazione di un mercato unico digitale fornirà un quadro interno volto a consentire alle imprese di crescere ed espandersi. Il compito che il Parlamento UE ha assegnato alla Commissione e che leggiamo tra le righe della Proposta di regolamento è anche il monitoraggio delle capacità e delle abilità strategiche europee, individuando i mezzi a cui ricorrere per implementarle e le tappe da superare. Appare chiaro a chi scrive, che la sovranità digitale europea passi attraverso tre inevitabili passaggi: 1. il perfezionamento della capacità di autoregolamentarsi; 2. l’assunzione di decisioni e scelte tecnologiche autonome; 3. lo sviluppo infrastrutture digitali strategiche.
Concretamente, il Parlamento UE ha disposto l’impiego del 20% dei fondi stanziati dal Piano per la ripresa e la resilienza, al fine di promuovere fra l’altro lo sviluppo europeo della prossima generazione di tecnologie digitali, fra le quali si annoverano i c.d. super computer, la computazione quantistica o la blockchain. Vi sono inoltre settori come quello dell’intelligenza artificiale antropocentrica o dell’accelerazione del dispiegamento di infrastrutture di rete sicure con una capacità estremamente elevata, come la fibra ottica e il 5G[6].
L’inevitabile conclusione è che le porte del mercato europeo resteranno sbarrate per le imprese che non intendano adeguarsi tempestivamente. Infatti il Parlamento UE chiarisce come lo sviluppo digitale debba aver luogo nel pieno rispetto dei valori comunitari come emergono anche dal GDPR, dei diritti fondamentali riconosciuti dalla UE e della sicurezza. Il focus sull’essere umano può davvero essere determinante per rendere il modello europeo un’autentica fonte d’ispirazione mondiale.
L’articolo è stato redatto dall’avv.Helga Carlotta Zanotti, Cultrice della materia in Diritto della comunicazione per le imprese e i media presso l’Università Cattolica di Milano con il professor Ruben Razzante, fondatore del nostro portale e presidente del suo comitato scientifico.
[1] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52021PC0206&from=EN.
[2] https://eur-lex.europa.eu/resource.html (europa.eu).
[3] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52021PC0202&from=EN, cit.
[4] http://ec.europa.eu/info/sites/default/files/commission-white-paper-artificial-intelligence-feb2020_it.pdf (europa.eu)
[5] R. Messinetti, La tutela della persona umana versus l’intelligenza artificiale. Potere decisionale dell’apparato tecnologico e diritto alla spiegazione automatizzata, in Contratto e Impresa, Cedam, 3/2019