La TSMC, che ha annunciato un ulteriore incremento dei prezzi di circa il 10% nel 2022, ha predisposto un piano di investimenti per la costruzione di nuovi stabilimenti, negli U.S.A. con un investimento da circa 12 miliardi di dollari, in Giappone con un investimento pari a circa 7 miliardi, ed in Europa con trattative aperte per la realizzazione di uno stabilimento nella cosiddetta “Silicon Saxony” tedesca che avrebbe un impatto importante nell’UE che oggi produce solo il 10% dei microchip mondiali.
Qualche settimana fa l’Unione europea ha svelato il suo mega piano sui semiconduttori, con il quale mira a rafforzare la produzione autoctona e ridurre la propria dipendenza dai colossi asiatici, in primis Taiwan. Ma riuscire a scalfire il dominio asiatico sarà molto complicato.
“Oggi la consapevolezza dei rapporti con l’Europa è notevolmente cresciuta in una Taiwan che fino a ora era stata sempre maggiormente orientata verso gli Stati Uniti” racconta a Wired Freddie Höglund, amministratore delegato della Camera di commercio europea a Taiwan.
Gli investimenti europei sono in netta crescita. “Soprattutto da 4 anni a questa parte quando industrie dell’eolico offshore hanno iniziato a investire a Taiwan, con un influsso di aziende principalmente tedesche e danesi. Ma gli investimenti europei a Taiwan, che oggi ammontano a 53 miliardi di euro, sono da rintracciare anche nel settore dei semiconduttori”, spiega Höglund.
Al centro di questo ecosistema ci sono i semiconduttori, sui quali ora si sta muovendo con decisione anche l’Unione europea che ha da poco lanciato un piano in materia. Si tratta di un piano di produzione che ha come obiettivo il raggiungimento del 20% del totale del mercato entro il 2030 ed è focalizzato sui chip e in particolare sui wafer ma il suo sviluppo non è specifico, si tratta di passare dal 10% al 20% del mercato globale.
La collaborazione con Taiwan è già prevista in questi piani anche in servizi di cui Taiwan. Da Taiwan non si scappa.
Ma la storia dei semiconduttori non sarà l’ultima della tradizione di innovazione asiatica, e in particolare taiwanese.
È possibile che in futuro ci sia un grande potenziale di cooperazione nella transizione verso l’elettrico del settore automotive. Taiwan possiede una serie di tecnologie chiave come batterie, stazioni per la ricarica, invertitori e connettori ed esistono già collaborazioni tra aziende come quella tra Foxconn e Stellantis.
Possiamo aspettarci un maggiore interscambio, basato su una nuova generazione di semiconduttori e di sistemi di software e se l’Europa si digitalizzerà avrà inoltre bisogno di data center, di cui Taiwan ha il monopolio.