Gli ultimi due anni (2020-2021) hanno costretto molti settori a velocizzare un processo già iniziato in altri Paesi, ovvero quello dello “smart working”. È necessario fare una distinzione tra:
- homeworker, chi trasferisce il lavoro da ufficio a casa, con orari da azienda;
- smartworker, chi non ha ora e si organizza il lavoro in base a target, cioè obiettivi, decisi dall’azienda;
- nomade digitale, una diretta conseguenza dello smart working, ma che decide di viaggiare e lavorare in Paesi e situazioni diverse.
Per i millennial, ovvero la generazione nata negli anni Ottanta e Novanta, poter viaggiare è una priorità, più di avere una casa, più di comprare un’auto. La stabilità non è più il metro di giudizio di una vita piena. In questa categoria troviamo molti esperti, lavoratori dei servizi digitali, persone che spesso per fare gavetta ed esperienza hanno dovuto lavorare principalmente da casa con un pc davanti.
I nomadi digitali sono coloro che non lavorano direttamente con il pubblico e che possono svolgere il proprio lavoro attraverso strumenti come computer portatile, tablet, smartphone o macchina fotografica. I nomadi digitali possono scegliere dove vivere e soprattutto dove lavorare. L’importante è avere una connessione internet ed uno strumento tecnologico. Ci sono poi nomadi digitali che viaggiano per lavoro e chi lavora tramite i social, sfruttando la propria capacità di attirare un pubblico, riuscendo così a guadagnare con sponsorizzazioni e affiliazioni.
Molti lavori si possono svolgere attraverso l’utilizzo di un computer, per esempio programmatore informatico, web designer, scrittore, traduttore e molti altri. Se si hanno capacità attrattive verso un determinato pubblico si può pensare di fare l’influencer o lo youtuber. Dunque per essere nomade digitale bisogna prima di tutto trovare o creare un lavoro digitale.
Inoltre il nomade digitale ha creato un settore turistico, quello per un lungo soggiorno e che cambia l’economia locale, soprattutto nei Paesi meno costosi. Sulla tendenza stanno puntando molti Paesi per attirare questi lavoratori senza fissa dimora e per rialzare l’economia del turismo, come la Tailandia e l’Indonesia, dove si sono create vere e proprie comunità di nomadi digitali.
Anche il Portogallo ha puntato sui nomadi digitali: molti statunitensi hanno deciso di vivere a Lisbona o Porto, dove pagano le imposte, e dove il soggiorno può essere prolungato fino a 5 anni. Nel Paese, è stata fatta anche una legge appositamente per il telelavoro: non sarà possibile contattare un dipendente fuori dall’orario di lavoro, e il datore di lavoro dovrà partecipare ai costi che il dipendente sostiene per lavorare da casa, come l’energia elettrica utilizzata, il potenziamento della rete internet o i lavori di manutenzione del computer. I datori di lavoro che non rispetteranno queste regole saranno considerati colpevoli di severe violazioni della legge sul lavoro.
Da alcuni anni è stata inoltre sviluppata una nuova forma abitativa per i nomadi digitali: i “coliving space”, appartamenti condivisi con spazi per lavorare, interagire, e con le caratteristiche necessarie per favorire la produttività: collegamento a internet, sale conferenze e infrastrutture impeccabili. Alla base c’è il desiderio di vivere con persone con esperienze di vita e professionali diverse. Un tipo di spazio abitativo approdato anche in Svizzera, ad esempio in Vallese, a Zurigo e a San Gallo.