Con la sentenza n. 38144 la Corte di Cassazione ha chiarito che, nel caso di e-mail a contenuto diffamatorio, il reato si consuma con il “recapito” della missiva elettronica presso il computer del destinatario.
La Corte di Cassazione ha quindi respinto il ricorso di un uomo che era stato condannato dal Tribunale di Palermo per l’invio di un messaggio di posta elettronica ritenuto offensivo dell’onore e della reputazione.
Il ricorrente sosteneva che non fosse possibile individuare l’effettivo luogo di consumazione del reato, questo perché l’e-mail diffamatoria era stata inviata a ben 450 destinatari.
Nella decisione della V Sezione penale il reato di diffamazione viene però definito un “reato di evento”, che quindi si verifica nel momento e nel luogo in cui soggetti terzi percepiscono l’espressione offensiva. A differenza degli scritti, delle immagini o dei file vocali diffusi su siti web o tramite social media, con l’invio di messaggi di posta elettronica “il requisito della comunicazione con più persone non può presumersi sulla base dell’inserimento del contenuto offensivo nella rete, ma è necessaria quantomeno la prova dell’effettivo recapito degli stessi, sia esso la conseguenza di un’operazione automatica impostata dal destinatario ovvero di un accesso dedicato al server”.
In definitiva, è sufficiente la prova che il messaggio sia stato scaricato, cioè trasferito sul dispositivo dell’utente dell’indirizzo. L’effettiva lettura, invece, può presumersi, salvo prova contraria.
Nel caso dell’uomo condannato dal Tribunale di Palermo, la prova è stata raggiunta “quantomeno con riguardo a due dei destinatari del messaggio”, e questa è una condizione sufficiente a considerare il luogo di consumazione del reato “quello in cui la ricezione del messaggio è avvenuta, correttamente identificato nella città di Palermo per entrambi i destinatari sulla base di quanto dichiarato dagli stessi nel processo e non contestato dal ricorrente”.
M.M.