In media in Italia il 6,55% dei ricoverati per Covid-19 ricorre al setting assistenziale della terapia intensiva. Il dato era dell’8,17% la scorsa settimana. È quanto emerge dalla 23ma puntata dell’Instant Report Covid-19, una iniziativa dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di confronto sistematico dell’andamento della diffusione del Sars-COV-2 a livello nazionale.
Da questo report è stata avviata un’analisi di confronto tra il tasso di saturazione dei posti letto di terapia intensiva alla data del 20 marzo (picco epidemia Covid-19) rispetto al tasso di saturazione dei posti letto di terapia intensiva alla data del 6 ottobre. Nella maggior parte delle regioni, il tasso di saturazione odierno, probabilmente grazie anche all’incremento dei posti letto, è ben lontano dai livelli di marzo 2020: si guardi, ad esempio alla Lombardia e alle Marche. Entrambe durante la fase più critica dell’emergenza viaggiano con tassi di occupazione superiori al 100% mentre ad oggi si attestano rispettivamente al 3 e al 2%.
Infatti, il valore medio italiano di saturazione al 20 marzo era del 52% mentre oggi si ferma al 4%.
Intanto, in Europa i decessi per tumore al colon sono cresciuti dell’11,9%. E’ la stima degli effetti dei ritardi covid-dipendenti nei programmi di screening per la prevenzione del cancro del colon-retto resa nota in occasione della settimana della United European Gastroenterology (UEG Week Virtual 2020) e frutto di uno studio dell’Università di Bologna.
Il cancro del colon-retto è il secondo big-killer in Europa tra le malattie oncologiche: si contano 375.000 nuove diagnosi ogni anno in Unione Europea e 170.000 vittime del tumore. “La diagnosi precoce del tumore – spiega l’autore del lavoro Luigi Ricciardiello – è cruciale perché lo rende più facile da trattare e quindi migliora l’esito clinico della malattia”. “E’ perciò essenziale che i programmi di screening preventivo continuino – aggiunge l’esperto – aiutando a prevenire ulteriori aumenti della mortalità”. Gli esperti hanno usato un modello matematico per fare previsioni sugli effetti clinici dei ritardi indotti dall’emergenza covid, che ha influenzato negativamente tutte le prestazioni sanitarie ordinarie. Si vede che un ritardo nello screening di moderata entità (7-12 mesi) e uno più ampio (superiore a un anno) portano a un aumento del 3% e 7% rispettivamente delle diagnosi tardive di tumore. Basandosi sui tassi di sopravvivenza a 5 anni in caso di diagnosi già in fase avanzata, gli autori hanno calcolato un aumento significativo dell’11,9% dei decessi per un ritardo di screening superiore a 12 mesi.
“A livello globale – spiega l’esperto – i sistemi sanitari stanno fronteggiando forti difficoltà a causa del COVID-19. Le autorità sanitarie – conclude Ricciardiello – devono agire con urgenza per riorganizzare le attività durante il COVID-19, senza compromettere la diagnosi di altre malattie ad alto impatto”.