Le compagnie telefoniche non possono usare i dati personali dei loro clienti per inviare Sms in cui chiedono il consenso ad attività di marketing.
Lo ha sottolineato la Cassazione con sentenza 9920, accogliendo il ricorso del Garante privacy contro la decisione del Tribunale di “sdoganare” gli sms inviati da WindTre. Il giudice di merito, pur avendo ribadito il divieto di attività pubblicitarie o la promozione senza consenso dell’utente sancito dal Codice della privacy, aveva considerato gli sms in questione leciti perché volti ad ottenere il consenso dell’utente.
In particolare, i giudici si sono soffermati sui testi di due tipi sms, alcuni inviati ai nuovi clienti e altri a clienti già presenti nella customer base che però non avevano acconsentito a ricevere promozioni. Nel primo caso l’sms invitava il nuovo cliente a chiamare il numero indicato, per non perdere l’occasione di ricevere tutte le informazioni relative ad esclusive offerte promozionali.
La Cassazione ha sottolineato che la disponibilità a ricevere comunicazioni commerciali deve essere data al momento del contratto, e se questo non avviene essa va intesa come negata; i gestori non possono cercare di ottenere il consenso in un secondo momento, con messaggi che ledono, oltre alle norme del Codice della privacy, anche l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (che tutela il diritto alla vita privata e familiare). Il mancato consenso va dunque equiparato al dissenso, e non può essere recuperato posteriormente alla firma del contratto.