La possibilità che venga approvato il nuovo regolamento europeo sta generando molto clamore.
Entro le prossime elezioni europee, programmate per il 2024, è prevista la chiusura del dossier dell’European Democracy Action Plan (EDAP) presentato nel dicembre 2020 dalla Commissione Europea con il fine di difendere i principi democratici del Continente.
Tra i principali obiettivi del piano vi è quello di rafforzare la trasparenza delle campagne elettorali allo scopo di combattere più efficacemente la disinformazione.
L’elemento più discusso del regolamento è l’articolo 12 che vieta alle piattaforme di utilizzare i dati personali sensibili degli utenti per raccomandare pubblicità politica senza che sia stato fornito consenso esplicito.
Le ultime modifiche al testo suscitano una serie di interrogativi. In particolare, le polemiche scaturiscono dalla nuova definizione di contenuto politico, che amplia il campo di applicazione dell’art. 12 a “qualsiasi contenuto in grado di influenzare un’elezione” e non solo la pubblicità in senso stretto.
Tale definizione includerebbe qualsiasi tipo di contenuto politico online e rischia di compromettere la libertà di espressione dei singoli individui in merito a temi di natura politica.
Inoltre, il compito di stabilire se un contenuto sia o meno di natura politica, dovrebbe spettare alle piattaforme con il rischio che, per evitare di incorrere in sanzioni, esse possano evitare in via preventiva la pubblicazione di determinati contenuti.
Alcuni europarlamentari hanno proposti la revisione della definizione di pubblicità politica limitandola a contenuti e inserzioni a pagamento, in linea con la definizione presente nel Digital Service Act (Dsa).
Sull’argomento è intervenuto anche Diego Ciulli, Head of Government Affairs and Public Policy di Google Italia che ha dichiarato che «le attuali proposte porterebbero a una significativa riduzione del confronto politico online, con un impatto sia sulla libertà di espressione sia sul diritto dei cittadini a informarsi» ma aggiungendo che Google è «d’accordo con l’obiettivo perseguito dall’Ue di aumentare la trasparenza degli annunci politici online e quindi la fiducia delle persone nelle pubblicità che vedono».
(S.F)