La sezione quinta della Cassazione penale nella sentenza depositata in data 02-12-2021 n. 44662 ha affrontato il discrimine tra il reato di diffamazione e quello d’ingiuria (depenalizzato e non costituente più reato).
IL CASO
Il 10 febbraio del 2020 la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza di condanna dell’imputato sia ai fini penali e sia civili per diffamazione. La condotta dell’imputato era consistita nel pubblicare commenti offensivi su una chat intrattenuta con l’offeso e con altri soggetti sulla bacheca Facebook. Il difensore dell’imputato impugnava la sentenza della Corte di appello lamentando, tra l’altro, che il fatto commesso dall’imputato integrava l’illecito d’ingiuria e non il reato diffamazione, evidenziando la concreta partecipazione della persona offesa alla conversazione incriminata.
LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
Ebbene la Cassazione per affrontare il tema in discorso ha richiamato un suo importante precedente giurisprudenziale (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 13252 del 04/03/2021, Viviano) che, nell’interrogarsi sulla natura ingiuriosa oppure diffamatoria dell’invio di e-mail a più soggetti, tra cui anche l’offeso, operava la seguente schematizzazione:
– l’offesa diretta a una persona presente costituisce sempre l’illecito di ingiuria, anche laddove siano presenti altre persone;
– l’offesa diretta a una persona distante configura l’ingiuria solo qualora la comunicazione offensiva avvenga solamente fra il suo autore e il destinatario;
– se una comunicazione avvenuta distanza è indirizzata ad altre persone oltre che alla persona offesa si configura il delitto di diffamazione;
– l’offesa rivolta ad una persona assente che è stata comunicata ad almeno due persone (presenti oppure distanti) integra sempre la diffamazione.
La sentenza Viviano n. 13252 del 2021 ha altresì approfondito il concetto di “presenza” in rapporto ai moderni sistemi di comunicazione, ritenendo che, accanto alla presenza fisica del soggetto offeso, dell’autore dell’espressione offensiva e degli spettatori, vi siano anche delle situazioni ad essa equipollenti, realizzate grazie all’ausilio dei moderni sistemi tecnologici (ad esempio call conference, audioconferenza o videoconferenza).
Anche in quest’ultimi casi la sentenza Viviano osserva che, per distinguere tra i reati di cui agli articoli 594 (Ingiuria) e 595 (Diffamazione) del Codice penale, resta fermo il criterio della “presenza”, anche se “virtuale”, dell’offeso. Occorrerà dunque valutare caso per caso: qualora l’offesa viene proferita nel corso di una riunione “a distanza” (oppure “da remoto”) tra più persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ipotesi della ingiuria commessa alla presenza di più persone.
Invece, laddove vi siano state comunicazioni (scritte o vocali) indirizzate all’offeso e ad altre persone non contestualmente “presenti” (virtuali o da remoto), ricorreranno i presupposti della diffamazione (come la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato quanto, per esempio, in tema dell’invio di e-mail a più persone, tra cui anche all’offeso).
Ebbene sulla scorta dei suddetti principi la Cassazione n. 44662 ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Precisamente la Suprema Corte ha rilevato che nella sentenza della Corte di appello questa ha omesso di verificare se il dialogo a distanza tra imputato e persona offesa quest’ultima fosse virtualmente presente (accertamento assolutamente necessario, come altresì evidenziato dalla sentenza Viviano sopra analizzata).
Alla luce di queste riflessioni, quindi, la Corte territoriale dovrà procedere all’accertamento volto alla riconduzione del fatto all’ipotesi di ingiuria oppure a quella di diffamazione.
Articolo di Daniele Concavo – Avvocato del Foro di Milano, opera nell’ambito del Diritto Penale, con particolare esperienza nella tutela della reputazione personale e aziendale