“Due avvocatesse, una città magica, la loro vita, il mondo legale…Lo show legale diventerà realtà”: è questo lo spot di un profilo Instagram dal nome Dc LegalShow in cui due giovani avvocatesse del Foro di Torino mostrano momenti della loro giornata privata e professionale tra un’attività di udienza, codici e toghe, un’intervista o una cena tra gli amici, momenti di relax alle terme. Non sono mancati nemmeno post e video nei quali le professioniste, con un lifestyle molto simile a quello della nota serie tv Sex and the City, si mostrano indossando tacchi vertiginosi e minigonne.
L’evento è diventato in breve un argomento discussione tra gli avvocati e non solo del loro Foro di appartenenza ed ha messo in allerta il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino che le ha convocate considerati i contenuti presuntamente lesivi della dignità e del decoro della professione.
Questa vicenda ha riaperto un dibattito molto sentito nel mondo legale, ossia quello legato alla necessità di dover definire i confini del diritto riconosciuto agli avvocati di approcciarsi alla pubblicità sul web.
Come è noto, infatti, l’art. 35 del Codice deontologico come da ultimo modificato dispone che: “l’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale” laddove con l’espressione “quali che siano i mezzi utilizzati” si allude proprio agli strumenti messi a disposizione dal vasto mondo del web. Pacifico, dunque, che, a differenza di quanto accadeva fino al 2016, ad oggi è possibile l’utilizzo di ogni social ma, sempre secondo l’art. 35, fermo restando che le forme e le modalità delle informazioni siano ispirati al decoro ed alla dignità.
A sua volta l’art. 17 disciplina quali siano le informazioni sull’esercizio dell’attività professionale che possano essere diffuse con qualsiasi mezzo informatico precisandone i caratteri (non equivoche, comparative…).
E, dunque, l’informazione comunicata sui social sarà corretta allochè rispetti i doveri di veridicità, segretezza, correttezza, trasparenza, riservatezza, dignità e decoro ed i suoi contenuti non siano denigratori o suggestivi, equivoci e comparativi. Gli artt. 2 e 9 del codice deontologico richiedono, però, a loro volta, che l’avvocato mantenga un contegno improntato al decoro ed alla dignità nella professione come nella vita privata nella salvaguardia della propria reputazione e dell’immagine della professione.
Astrattamente, pertanto, le modalità di pubblicità delle informazioni anche on line che l’avvocato può utilizzare sono molteplici ma, fermi i principi espressi: le previsioni citate, indicate quali limiti alla pubblicità stessa, sono però piuttosto interpretabili e discrezionali, soprattutto laddove si fa riferimento al decoro ed alla dignità. E comunque, proprio perché le sensibilità possono essere diverse ed i tempi cambiano probabilmente potrebbero essere rivisitate in quest’ottica anche le norme.
Non è un caso, del resto, che, solo a giudizio di alcuni – perché l’opinione pubblica si è divisa in due tra chi approva e disapprova l’accaduto – la pubblicità veicolata a mezzo del legal show da parte delle due avvocatesse parrebbe avere superato quantomeno quelli che sono considerati tra i principi cardine del codice deontologico che valgono sia nella privata che nell’attività professionale allorchè i due ambiti si influenzino vicendevolmente: il decoro e la dignità.
La stessa reazione delle due avvocatesse, si apprende dai media è stata opposta: l’una ha fatto un passo indietro, come si evince da un post pubblicato su Instagram, mentre l’altra è pronta ad andare avanti.
La vicenda pone ancora una volta in evidenza la necessità di dover meglio regolamentare o, comunque, chiarire i limiti del diritto all’informazione on line e che tuttora non presentano un proprio riconoscimento, quantomeno chiaro ed esplicito, nel codice deontologico. Ciò a maggior ragione nell’epoca di internet e dei social network che portano con sé ed offrono opportunità sempre nuove alle quali l’avvocato dovrebbe potersi approcciare consapevole di come potersi muovere nel rispetto, appunto, delle regole deontologiche.
Del resto, non pare potersi dire a priori che nemmeno nel caso delle due avvocatesse torinesi vi sia stata una palese lesione del decoro e della dignità professionale mediante il loro legal show tant’è che, per quanto è dato apprendere dalla cronaca, dal consiglio di disciplina dell’Ordine piemontese al momento ancora alcun provvedimento è stato assunto.
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