Il recepimento italiano della Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, o Direttiva 2019/790, prevede il via libera all’equo compenso per gli editori per l’utilizzo dei loro articoli da parte delle piattaforme online, inclusi i social network, con la possibilità per gli autori di ricevere una quota dei proventi. Ma la legge ha suscitato pareri contrastanti: c’è chi si dice soddisfatto per il riconoscimento di un giusto compenso nei confronti degli autori, e chi crede che il testo abbia alcune lacune.
La legge di recepimento è stata accolta favorevolmente dal Presidente della SIAE, Giulio Rapetti Mogol, il quale ha ringraziato il Governo ed il Parlamento per la sensibilità dimostrata nei confronti della tutela dei diritti degli autori e degli editori; egli ha infatti così commentato: “Sin dal primo giorno del mio mandato in SIAE ho combattuto per arrivare a questo momento: i giganti della rete paghino quello che usano. Loro hanno i miliardi ma noi abbiamo avuto ragione. Ora abbiamo le armi per combattere la battaglia successiva: ottenere per gli autori un compenso realmente equo”.
Dello stesso parere anche Ricardo Franco Levi, presidente dell’Associazione Italia Editori (AIE), il quale ha spiegato: “Il recepimento della Direttiva copyright da parte del governo, avvenuto con un decreto legislativo, segna la fine di un lungo percorso, dapprima con il coinvolgimento di tutte le istituzioni europee (Commissione, Parlamento e Consiglio) e poi in Italia con un intenso dibattito in sede parlamentare e di Governo. Un percorso che ci ha impegnati con le nostre proposte fin dall’inizio, quasi sette anni fa con i primi studi di impatto della Commissione europea. Le nuove tecnologie hanno ridisegnato i consumi culturali e, con essi, la fruizione delle opere coperte da diritto d’autore. In questo contesto, la Direttiva europea e il suo recepimento in Italia segnano un punto di riferimento significativo nel rapporto tra i titolari dei diritti e le piattaforme web attraverso cui i cittadini accedono alle opere dell’ingegno”.
Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi) ha parlato del recepimento della Direttiva come una “buona notizia per tutto il settore dell’editoria”, lodando l’introduzione del principio secondo il quale chi utilizza i contenuti frutto degli investimenti delle imprese e del lavoro dei giornalisti, dovrà riconoscere loro una giusta remunerazione. Ha auspicato poi l’inizio di una stagione di confronto che si concentri sulla valorizzazione del lavoro giornalistico e sulla lotta al precariato.
Il presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Verna ha commentato: “E’ un risultato importante per tutto il settore dell’editoria. Esprimiamo apprezzamento nei confronti del sottosegretario all’Editoria Giuseppe Moles, a cui dobbiamo gran parte del decreto in oggetto. Riteniamo necessario però che tale risultato sia prodromico di una nuova legislazione per il giornalismo, sulla quale il confronto è indifferibile. Se il giornalismo è l’ossigeno per la democrazia, norme che ne favoriscano la qualità, dalla riforma dell’accesso alla professione, all’equo compenso, al contrasto delle querele bavaglio, sono indispensabili”.
Il capogruppo di FDI in commissione Editoria e responsabile Cultura e Innovazione della Camera, Federico Mollicone, si è così espresso: “Il recepimento della Direttiva Copyright aiuterà le industrie editoriali e il lavoro creativo a superare il divario di valore nell’ecosistema digitale, come ha indicato anche il presidente Fieg, Riffeser Monti. Il testo introduce due rilevanti novità, quali il meccanismo di negoziazione obbligatoria per la definizione della remunerazione e una definizione di estratti brevi che non vanifichi lo spirito della Direttiva, garantendo la sostenibilità dell’industria editoriale. Punti che già FDI promosse con specifici ordini del giorno in entrambi i rami parlamentari sin dalla legge di delegazione. La definizione quantitativa degli snippet, che gioverebbe solo agli over-the-top, è stata scongiurata grazie a FDI, anche se la mediazione dei gruppi di maggioranza ha limato nel parere sul decreto legislativo la nostra proposta che, esplicitamente, faceva riferimento alla tutela dell’editoria nazionale”.
Francesco Di Costanzo, presidente della Fondazione Italia Digitale, ha commentato l’implementazione italiana della Direttiva Ue sul diritto d’autore mettendone in luce, in vece, gli aspetti meno chiari e gli elementi di preoccupazione: “Siamo preoccupati per l’implementazione italiana della Direttiva Ue sul copyright, ancora più restrittiva e sbilanciata, a tutto svantaggio degli utenti e delle piccole e medie realtà editoriali. Una battaglia tra grandi poteri che porta solo ad un irrigidimento della normativa e ad un’effettiva maggiore difficoltà per gli utenti di accedere alle informazioni e quindi anche ad un aumento della disinformazione. Il decreto italiano inserisce di fatto un obbligo a siglare un contratto, con AgCom che ha il potere di fissare i prezzi, non previsto dalla Direttiva Ue e ispirato esplicitamente al modello restrittivo australiano. I criteri fissati per la remunerazione premiano incredibilmente solo i grandi giornali, basandosi ad esempio su anzianità della testata e numero dei giornalisti, di fatto drenando risorse ai piccoli e impattando negativamente sul pluralismo e creando maggiore caos informativo. Se un editore o un giornalista carica di sua volontà un articolo su una piattaforma, la piattaforma lo deve pagare. Inoltre la definizione vaga di estratti brevi, le anteprime, potrebbe portare ad un loro blocco e quindi ad un minore accesso alle informazioni. La Direttiva Ue parla di “best effort” ovvero migliori sforzi per tutelare il copyright, l’implementazione italiana lo traduce come “massimi sforzi” per rendere il quadro normativo molto più rigido e punitivo. La Spagna, ad esempio, ha avuto un approccio molto più bilanciato e questo porterà vantaggi per l’informazione e il pluralismo. Il digitale, in tutte le sue forme, dev’essere popolare, non è con la rigidità e la difesa di alcune categorie rispetto ad altre che si incentiva l’innovazione e la crescita di nuove opportunità per tutti. La rivoluzione va gestita e regolata al meglio, ma con criteri di sviluppo e crescita e non di demonizzazione delle piattaforme digitali e di restrizione delle opportunità per le medie e piccole realtà e per l’informazione degli utenti”.
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