Da mesi ormai impazzano le proteste degli studenti di ogni età che invocano a gran voce il ritorno in aula.
Se da pochi giorni la ripartenza delle scuole ha permesso il rientro fino alla prima media, tutti gli altri studenti restano ancora una volta a casa e il malcontento si fa sentire.
L’ultima occasione di protesta si è verificata con l’occupazione del liceo classico Carducci di Milano, dove una trentina di studenti che si trovano in DAD ha occupato il cortile della scuola protestando contro il mancato ritorno in aula.
Sulla cancellata della scuola sono stati appesi diversi striscioni, raffiguranti simboli che evidentemente evidenziano il rifiuto che questi studenti provano verso la DAD, identificata come nemico della socialità e dell’apprendimento nella sua forma più pura. Sugli striscioni, inoltre, si legge: “Vogliamo tornare a scuola” oppure “Diseguaglianza a distanza”, slogan per denunciare lo squilibrio tra chi a scuola è tornato e chi ancora resta a casa.
Oltre al caso di Milano, va ricordato che già nel mese scorso diversi altri istituti di Roma erano stati occupati in segno di protesta contro la gestione della pandemia e l’uso della DAD, definita dai manifestanti come un “modello classista d’istruzione”.
I licei occupati nella capitale erano stati il Socrate, il Visconti ed il Kant, ed i giovani che erano stati intervistati si erano così espressi: “Siamo il futuro di questo paese, è giusto che veniamo ascoltati e che si investa su di noi”.
“Siamo coscienti della gravità del Covid e ci stiamo adoperando affinché si mantengano dappertutto le distanze di sicurezza – aveva spiegato uno studente del Socrate ; all’entrata ognuno lascia il proprio nome e il numero di telefono, in modo da essere ricontattato nel caso ci sia un positivo a scuola. Si tratta di un mini-tracciamento necessario, senza contare che tutti ci siamo fatti il tampone prima di ieri”.
Dall’inizio dell’anno scolastico gli studenti chiedono di essere ascoltati e, dopo aver messo in scena varie proteste in diverse città, hanno deciso di occupare le loro scuole.
Già l’ex Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina aveva ammesso che la DAD rappresentava uno strumento non più funzionante e l’aveva definita “una non vera didattica, perché non consente il pieno diritto allo studio”.
Molti ragazzi, inoltre, non hanno potuto accedere alle lezioni perché privi di pc, tablet o anche di una connessione internet abbastanza veloce e ovviamente indispensabile per seguire le lezioni. Senza contare che, in caso di più figli e case piccole, riuscire a studiare e allo stesso tempo fare lezione è praticamente impossibile. Punti focali sui quali gli studenti chiedono da mesi di prendere provvedimenti.
Ad oggi, nononstante il decreto del 31 Marzo abbia predisposto la riapertura di una parte degli istituti, secondo alcuni esponenti del governo non ci sono ancora le condizioni più favorevoli per una ripartenza generale. Secondo Massimo Galli, direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, non è prudente riaprire le scuole in questo frangente: “Si tengono aperte delle falle e ritardiamo il processo di limitazione dell’infezione, io sono del parere che non si possono subire errori senza fare nulla. Occorre mettere in piedi dei programmi per lo screening in determinati contesti come la scuola, ad esempio provare a vedere se funzionano i test salivari. La variante inglese si trasmette con grande efficienza tra bambini e adolescenti e questo vuole dire che la scuola rimane un serbatoio importante. Abbiamo una guardia abbassata in questo momento”.
Ma va ricordato che in altri Stati le scuole non hanno quasi mai chiuso durante la pandemia ed è sempre stato garantito il diritto allo studio in presenza, soprattutto agli studenti delle scuole dell’obbligo. Stupisce che tuttora non si pensi al potenziamento dei servizi di trasporto pubblico locale, al fine di poter consentire agli studenti di non infettarsi fuori dalle aule e di non portare a scuola o a casa il virus.