L’identità digitale è una realtà e ogni italiano passa in media sei ore all’interno di un dispositivo elettronico. I nostri dati anagrafici sono dematerializzati, il nostro stato di salute è contenuto nel fascicolo sanitario elettronico, anche la scuola è digitalizzata e, soprattutto, la nostra identità è digitale sotto forma di SpID, CIE o CNS.
L’articolo 1 del Codice dell’amministrazione digitale ridefinisce il rapporto tra cittadino e amministrazione e spiega che l’identità digitale è la “la rappresentazione informatica della corrispondenza tra un utente e i suoi attributi identificativi, verificata attraverso l’insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale”.
La nostra personalità viene fuori sempre più nell’ambiente digitale e le recenti tecnologie hanno cambiato le dinamiche sociali. Secondo il Direttore generale dell’Agenzia per l’Italia digitale Mario Nobile “in Italia il 70% della popolazione adulta è dotata di identità digitale con Spid o con la Carta d’identità elettronica. Per questo l’identità digitale va garantita dallo Stato”.
Nel 2026, inoltre, tutti avremo anche una identità digitale europea. Laura Di Raimondo, direttore generale di Asstel sostiene a tal proposito: “Con il portafoglio europeo di identità digitale si farà un ulteriore salto di qualità nell’accesso ai servizi digitali sia della Pubblica amministrazione, sia privati. In questo contesto il ruolo della filiera sarà sempre più centrale: questa trasformazione comporta una maggiore attenzione ai modelli di business, alla fornitura di soluzioni di connettività altamente personalizzate e allo sviluppo di approcci sempre più ecosistemici”.
Diventa allora necessario concepire il diritto all’identità digitale come diritto alla rappresentazione integrale e aggiornata delle proprie identità in rete, finalizzata all’esercizio di tutti i diritti della personalità, ossia quei diritti assoluti che spettano all’essere persona in quanto tale, diritti esistenziali inseriti nella Costituzione.
Inizialmente si era pensato di integrare l’art. 22 della Costituzione interpretandolo anche in funzione dell’identità digitale. La proposta aveva come oggetto l’inserimento di un secondo comma. L’ articolo che tutela la capacità giuridica, la cittadinanza e il nome, sarebbe quindi stato integrato dalla frase: “La Repubblica tutela il diritto all’identità, anche digitale, di ogni persona”.
Si ritiene oggi sia più corretto innalzare il livello di tutela e discutere una modifica dell’articolo 2 della Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali. Tale articolo è una norma di carattere aperto e questa apertura consente di attribuire un valore anche ai diritti fondamentali che, seppur non contemplati espressamente dalla Costituzione, diventano tali alla luce dell’evoluzione della società.
(C.D.G.)