Con un provvedimento i giudici del Tribunale di Milano hanno inserito nel patrimonio che spetta agli eredi anche i cosiddetti beni digitali. Il coniuge ha il pieno diritto ad entrare in possesso delle password degli account di posta elettronica, dei social network e del cloud della persona deceduta. Questo significa che potrà venire a conoscenza di tutti i dettagli della sfera privata digitale del coniuge, indipendentemente dal fatto che il coniuge deceduto le abbia volute condividere o meno.
Per questo motivo è necessario predisporre per tempo cosa si vuole che accada dopo la morte al nostro patrimonio digitale, affrontando una serie di problemi giuridici e pratici, avendo presente le varie normative coinvolte.
L’eredità digitale riguarda la trasmissione a terzi del “patrimonio digitale” di una persona, in seguito alla sua morte. Il patrimonio digitale comprende una pluralità eterogenea di beni e rapporti giuridici relativi a informazioni conservate su supporto elettronico. Possono essere beni con valore economico/patrimoniale o anche solamente affettivo, gestiti digitalmente e magari protetti da password perché riposti in una risorsa fisica come pc, tablet e cellulare o perché contenuti in siti internet cui si accede con nome utente e password.
Le esigenze connesse alla trasmissibilità del patrimonio digitale sono di due ordini opposti: da un lato vi può essere l’esigenza o la volontà di disporre, dopo la morte, la cancellazione dei contenuti digitali che ci riguardano; d’altro lato, invece, ci può essere l’esigenza di trasmettere ad uno o più eredi uno o più diritti digitali. In questo contesto, inoltre, si inserisce il diritto autonomo degli eredi (es. i genitori del figlio morto prematuramente) di accedere al contenuto digitale del deceduto per soddisfare esigenze proprie familiari di conservazione dei ricordi.
Per questo occorre porsi la domanda di cosa si vuole che accada dopo la morte al nostro patrimonio digitale, affrontando una serie di problemi giuridici e pratici, avendo presente le varie normative coinvolte.
La legge italiana prevede che l’erede o il familiare possano esercitare i diritti previsti dal GDPR (e, dunque, sia il diritto di accesso sia il diritto di cancellazione o di oblio) in merito ai dati personali del defunto, almeno che quest’ultimo non lo abbia espressamente vietato con specifica dichiarazione rilasciata in vita.
Per l’eredità digitale si applica anche la normativa sul diritto d’autore con riferimento alla disciplina di cui all’art. 93 L. 633/1941 in merito alla pubblicazione delle corrispondenze del defunto (si pensi alle chat, agli sms, agli email), per la quale, quando hanno carattere confidenziale o si riferiscono alla intimità della vita privata (il che accade nella maggior parte delle corrispondenze presenti su dispositivi digitali) occorre il consenso: del coniuge e dei figli, o in loro mancanza, dei genitori e dei fratelli e delle sorelle, mancando anche questi, degli ascendenti (nonni, zii, etc.) e discendenti (nipoti, etc.) fino al quarto grado.
La necessità del consenso viene meno nel caso sia necessario ai fini di un giudizio civile o penale o per esigenze di difesa dell’onore o della reputazione personale familiare.
La modalità pratica per trasmettere a causa di morte il proprio patrimonio digitale è quello di comunicare ad eredi o legatari le credenziali per l’accesso ai vari accounts, social media e cloud, ovvero tutti gli strumenti di identificazione previsti, quali pin, codici alfanumerici, OTP. Questa comunicazione può avvenire sia tramite un vero e proprio testamento, sia in forme non testamentarie.
Nel caso in cui il defunto non abbia disposto nulla o non abbia provveduto quando era in vita a comunicare agli aventi diritto le credenziali di accesso al suo patrimonio digitale, le soluzioni in capo agli eredi sono:
- nel caso i dispositivi di conservazione siano di proprietà del defunto, fare dei tentativi di hackeraggio;
- nel caso in cui i dispositivi siano di proprietà di terzi, provare ad avanzare debita richiesta al provider di rilascio di nuove credenziali o comunque di accesso al contenuto digitale, ma questo solo se le condizioni contrattuali lo prevedono oppure possono essere legittimamente invocate norme di legge inderogabile per l’ordinamento italiano che lo consentono.
In particolare, si dovrebbe chiedere l’accesso ai dati, in base al titolo successorio ed in base all’art. 2 terdecies del Codice Privacy.
Ormai sappiamo bene che le nostre vite sono sempre più digitali e ora anche account e password entrano a fare parte dell’eredità. Questo vuol dire che, se una persona muore gli eredi, qualora siano portatori di un interesse meritevole di tutela, possono richiedere di entrare negli spazi web del defunto. Per la complessità delle normative coinvolte, il suggerimento è quello di pensare per tempo alla devoluzione del patrimonio digitale, esattamente come accade per i beni materiali, adattando ovviamente le regole generali alla specificità della materia in esame.