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LICENZIAMENTO LEGITTIMO PER CHI OFFENDE IL CAPO SUI SOCIAL

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso di un manager di Tim

by Redazione
27 Ottobre 2021
in Cronaca, Imprese
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LICENZIAMENTO LEGITTIMO PER CHI OFFENDE IL CAPO SUI SOCIAL

Unhappy mature businessman or director holding box with his things while leaving his office

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Con la sentenza n. 27939 del 13 ottobre 2021 la Corte di Cassazione ha dichiarato legittimo il licenziamento di un dipendente che ha pubblicato diversi insulti nei confronti dei suoi capi sulla propria pagina Facebook. I giudici della Sezione Lavoro hanno così respinto il ricorso di un manager della Tim, confermando la decisione della Corte di Appello di Roma che aveva già respinto il ricorso contro il licenziamento per giusta causa. Il giudice di secondo grado aveva infatti ribadito il contenuto “gravemente offensivo e sprezzante” nei confronti dei suoi diretti superiori e degli stessi vertici aziendali delle comunicazioni del lavoratore, a mezzo di tre e-mail e del messaggio sul suo profilo Facebook dell’ottobre 2016.

Nel ricorso, il dipendente aveva sostenuto l’illegittima acquisizione dei post riservati agli amici. La sentenza smonta però questa interpretazione. La Cassazione infatti sostiene: “Premessa l’esigenza di tutela della libertà e segretezza dei messaggi scambiati in una chat privata, nella fattispecie non sussiste una tale esigenza di protezione di un commento offensivo nei confronti della società datrice di lavoro diffuso su Facebook. Il mezzo utilizzato (pubblicazione dei post sul profilo personale del detto social) è, infatti, idoneo (secondo l’accertamento della Corte territoriale), a determinare la circolazione del messaggio tra un gruppo indeterminato di persone”.

La Corte di Cassazione ha inoltre chiarito che “la nozione di insubordinazione non può essere limitata al rifiuto di adempiere alle disposizioni impartite dai superiori, ma si estende a qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicarne l’esecuzione nel quadro dell’organizzazione aziendale: sicché, la critica rivolta ai superiori con modalità esorbitanti dall’obbligo di correttezza formale dei toni e dei contenuti, oltre a contravvenire alle esigenze di tutela della persona umana riconosciute dall’art. 2 Cost., può essere di per sé suscettibile di arrecare pregiudizio all’organizzazione aziendale, dal momento che l’efficienza di quest’ultima riposa sull’autorevolezza di cui godono i suoi dirigenti e quadri intermedi ed essa risente un indubbio pregiudizio allorché il lavoratore, con toni ingiuriosi, attribuisca loro qualità manifestamente disonorevoli”.

Tags: Corte di CassazioneFacebooklicenziamentosentenza

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