Una multa di 100mila euro. Questa la sanzione comminata dall’Agcom alla Rai per aver mandato in onda su Rai3 nella puntata “Chi l’ha visto?” del 10 ottobre 2012 durante la fascia oraria di “Televisione per tutti” (7.00 – 22.30) un filmato amatoriale girato dalla zia del bambino di Cittadella mentre veniva prelevato con forza da scuola per essere affidato al padre tramite una casa di accoglienza, in ottemperanza all’esecuzione di una sentenza della Corte di appello dei minori di Venezia.
Il video, che con la sua messa in onda fece deflagrare a livello nazionale il caso, mostrava le immagini del bambino di 10 anni che davanti alla sua scuola piangeva e chiedeva aiuto, tentando di divincolarsi dalla stretta di adulti che lo portavano via.
Il caso fu posto in appello d’esame per il seguente motivo: violazione e falsa applicazione dell’art 34, commi 2 e 6, del TUSMAR, in combinato disposto con il Codice di autoregolamentazione TV e Minori, omessa, o comunque insufficiente ed illogica motivazione su punti decisivi della controversia.
La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello. Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2023 la causa passava in decisione.
La sanzione irrogata ha ad oggetto la trasmissione di scene ad alto contenuto drammatico, con il coinvolgimento di un bambino, in assenza di idonei accorgimenti tecnici propedeutici ad escludere la visione da parte dei minori.
Nel suddetto filmato si mostrava come le forze dell’ordine prelevassero il bambino contro la sua volontà, sollevandolo per le mani e le gambe, e trascinandolo via dall’edificio scolastico ove si trovava, tra le contestazioni dei presenti e della zia che filmava la scena con il telefono cellulare.
Il Codice di autoregolamentazione e l’impianto normativo recato dal D. Lgs. N. 177/2005 (avuto riguardo alle previsioni riferite alla tutela dei minori) intendono assicurare un equilibrato bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela dello sviluppo fisico, morale o psichico del minore, bene giuridico cui accordare comunque prevalente protezione; ciò, a prescindere dalla circostanza per cui sia ipotizzabile un collegamento rispetto all’efficacia territoriale della legge italiana.
La giurisprudenza, con plurime pronunce, ha chiarito che l’art.15, comma 10, l. n. 233/1990, secondo il quale “è vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche, che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità”, nel fare riferimento ai programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, prevede una fattispecie di illecito di pericolo concreto.
Il decreto della sezione per i minorenni della Corte d’Appello di Brescia conferma al Servizio sociale di Padova il compito di continuare nel percorso di sostegno alla genitorialità dei genitori e nel sostegno psicologico al provvedimento del giudice che stabilisce nei minimi dettagli i periodi nei quali il ragazzo può stare con la madre. I giudici stabiliscono anche la ripartizione delle spese per il mantenimento e l’abbigliamento del ragazzo e dichiarano di fatto inammissibile la domanda di reintegro nella potestà avanzata della madre. Nella lunga disamina della vicenda viene anche affrontata la questione della Pas, la sindrome da alienazione parentale di cui avrebbe sofferto manifestando il rifiuto del padre, alla luce del pronunciamento di vari esperti, e del comportamento definito “possessivo” della madre dei toni nel conflitto della coppia.
(V.M)
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