In questi ultimi mesi la telemedicina e, in generale, la sanità digitale stanno facendo importanti passi in avanti. Stando alle linee di indirizzo nazionali, la telemedicina è “una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località”.
Non si tratta della sostituzione del rapporto medico-paziente, ma di una integrazione alla pratica medica tradizionale per migliorarne l’efficacia e l’efficienza. L’obiettivo è quello di creare una rete tra pazienti, ospedale, medici e territorio per offrire servizi sanitari migliori. L’applicazione di questo strumento nel sistema sanitario nazionale può migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria, garantire la continuità della cura e limitare i costi. Si può utilizzare per fare diagnosi, per la prevenzione di soggetti a rischio, il monitoraggio delle terapie e la riabilitazione attraverso servizi come la televisita, il teleconsulto, la teleassistenza. La pandemia di COVID-19 ha sottolineato ancora di più la necessità di una implementazione degli strumenti telematici e digitali all’interno del sistema sanitario.
I medici sono quindi sempre più connessi con i pazienti attraverso i canali digitali e l’intelligenza artificiale mostra il suo potenziale per la personalizzazione delle cure: medicina e tecnologia stanno evolvendo verso un modello sanitario connesso, la cosiddetta Connected Care. A disegnare questo scenario è la ricerca effettuata in questi mesi dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano che tra le altre cose ha rilevato due aspetti inediti: tre medici specialisti su quattro sostengono che la telemedicina sia stata fondamentale per fronteggiare la grande mole di lavoro e un cittadino su tre si è detto disposto a provare questo tipo di assistenza medica da remoto. L’emergenza sanitaria ha accelerato un cambiamento importante nell’opinione dei medici rispetto agli strumenti digitali di comunicazione con il paziente.
La ricerca del Politecnico ha rilevato come durante l’emergenza oltre metà dei cittadini si sia informata sul Covid-19 attraverso canali digitali: il 56% ha consultato le pagine web istituzionali (Protezione Civile, Regioni, aziende sanitarie, ecc.); il 28% si è informato sulle pagine social di medici o politici; il 17% ha cercato su pagine social e blog curati da cittadini; il 12% sulle app dedicate al Coronavirus.
Non c’è quindi da scandalizzarsi: scienza e tecnologia infatti, sono sempre stati i pilastri fondamentali per lo sviluppo in medicina. Alcuni ulteriori sviluppi tecnologici permettono di fare test per la diagnosi di malattie al di fuori dai laboratori, la telemedicina e l’assistenza a distanza semplificano le procedure e rafforzano i sistemi sanitari, la stampa 3D rivoluziona la produzione di dispositivi e supporti medici e biologici, l’intelligenza artificiale migliora l’analisi di dati ed esami e aiuta nello sviluppo di farmaci.
Mariano Corso, Reponsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, ha affermato: “le tecnologie digitali possono fare la differenza in tutte le fasi di prevenzione, accesso, cura ed assistenza dei pazienti, per aiutare il personale sanitario nelle decisioni e per le strutture sanitarie che possono così garantire continuità di cure”.
L’emergenza è stata l’occasione per sperimentare soluzioni volte a contenere il contagio, a ridurre le ospedalizzazioni e a gestire i pazienti sul territorio. Ma anche per ridisegnare nuovi modelli di cura, accelerando la transizione verso un modello di sanità più connesso, sostenibile e resiliente.