Sta suscitando clamore la richiesta della Procura di Roma di archiviare la querela di Fedez contro Daniela Martani, ex pasionaria dell’Alitalia, che aveva definito su Twitter la coppia Fedez-Chiara Ferragni <idioti palloni gonfiati>. Secondo i pm romani i social non sono autorevoli e godono di una scarsa considerazione, per cui <non sono idonei a ledere la reputazione altrui>. In altri termini, la diffamazione via social non esisterebbe.
<Quello dei pm romani è un punto di vista grave e pericoloso – commenta preoccupato il professor Ruben Razzante, Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano, fondatore e curatore di www.dirittodellinformazione.it – che riporta indietro di dieci anni le lancette dell’orologio del diritto dell’informazione. In alcune esemplari sentenze la Corte di Cassazione ha punito casi di diffamazione via social, applicando correttamente l’art.595 c.p., che prevede la lesione dell’onore e della reputazione altrui con altro mezzo di pubblicità diverso dalla stampa. E’ ormai unanime tra gli studiosi la convinzione che in quella categoria degli altri mezzi di pubblicità possano rientrare siti on line, blog e piattaforme social. Anche queste ultime, quindi, sono idonee a produrre danni reputazionali, che non possono restare impuniti. In altre sentenze la Cassazione ha altresì sottolineato quanto sia devastante la portata, superiore a quella dei media tradizionali, delle offese lanciate su Facebook, Instagram, Twitter e altri social, considerata l’elevata diffusività dei contenuti su quelle piattaforme e l’impossibilità di cancellarli applicando un problematico quanto irrealistico diritto all’oblio. Il messaggio che arriva dalla Procura di Roma è fortemente deresponsabilizzante per gli utenti della Rete, che ora potranno considerare il regno virtuale come una zona franca nella quale è tutto lecito. Ma il web non può e non deve diventare una giungla, uno spazio di impunità governato dalla legge della sopraffazione del più forte sul più debole. Oltre che la giurisprudenza, anche la legislazione europea e internazionale per fortuna sta andando nella direzione di un potenziamento delle tutele degli utenti in Rete, anche rispetto a condotte diffamatorie e lesive della dignità altrui. E i colossi del web stanno dimostrando in alcuni casi buona volontà nell’autoregolamentarsi per diventare più affidabili e collaborativi nella rimozione di contenuti diffamatori>.