Dieci anni dopo la designazione da parte delle Nazioni Unite del 2 novembre come Giornata internazionale per porre fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti, i giornalisti continuano a subire molestie, intimidazioni e campagne diffamatorie. Queste forme di pressione sono diventate una nuova normalità, al punto che alcuni giornalisti non le denunciano più e anche le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie, a volte, scelgono di non sporgere denuncia se le prove possono essere nascoste o le accuse inventate, o quando le accuse sono completamente estranee alle attività giornalistiche.
Nel 2022 sono stati sventati diversi tentativi di assassinio di giornalisti, alcuni apparentemente spinti da motivazioni politiche, e sono state segnalate gravi minacce alla sicurezza: ci sono state 74 segnalazioni di attacchi violenti in occasione di proteste e raduni, segnalazioni che hanno riguardato aggressioni a giornalisti e altri rappresentanti dei media da parte di membri del pubblico.
La situazione è stata, in alcuni casi, determinata dai Paesi europei che spesso hanno promosso situazioni di pericolo e discriminazione. Questo è stato fatto in primo luogo emanando leggi che limitano la libertà di espressione e il giornalismo indipendente. Ad esempio, la Turchia ha continuato a usare le disposizioni legali contro l’insulto al Presidente o la diffusione di “fake news”. La disinformazione rimane una minaccia per il giornalismo. Amplifica le teorie cospirative e offusca le notizie legittime, ma alimenta anche un’atmosfera di sfiducia e di attacco ai media, che può portare a molestie e persino ad attacchi fisici violenti contro i giornalisti.
Diversi Stati europei hanno inoltre utilizzato il sistema giudiziario e, in particolare la detenzione preventiva, per punire, spaventare o mettere a tacere i giornalisti. Alla fine del 2022, 95 giornalisti erano detenuti in Azerbaigian, Georgia, Polonia, Russia, territori russi temporaneamente occupati in Ucraina, Turchia e Regno Unito. In più, la maggior parte degli aggressori e dei loro mandanti sfuggono ancora alle braccia della giustizia. Caso emblematico è l’omicidio della giornalista investigativa Daphne Caruana Galizia, in cui i due sicari sono stati condannati al carcere ma il processo rimane in sospeso perché il Governo ha creato le condizioni di impunità per i mandanti.
Anche la sorveglianza delle comunicazioni dei giornalisti rappresenta una minaccia senza precedenti per la libertà di stampa. Questa indebolisce gravemente la protezione delle fonti e la privacy, mina le indagini giornalistiche e crea un effetto raggelante per gli informatori e le altre fonti giornalistiche. Nel 2022 è emerso un nuovo prodotto di spionaggio chiamato Predator che sarebbe stato utilizzato dalla National Intelligence Agency per spiare i giornalisti. Anche la Spagna è stata accusata di aver utilizzato un software di spionaggio: le spie hanno a volte usato i giornalisti come porta d’accesso per sorvegliare altre persone, in quanto ritenuti meno esperti di tecnologia e più vulnerabili alle intrusioni elettroniche.
Il Consiglio d’Europa ha mostrato particolare preoccupazione per la mancata attuazione da parte di alcuni Stati membri delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo relative a casi di libertà di espressione. Nel 2022 sono state adottate nuove linee guida di “soft law” con la realizzazione di una serie di iniziative volte a migliorare la libertà e il pluralismo dei media ma numerose organizzazioni hanno espresso preoccupazione per le probabili reazioni negative da parte di alcuni Stati membri gelosi della propria sovranità in materia di media.
(C.D.G.)