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LITE TRA MAMME SU FACEBOOK DIVENTA DIFFAMAZIONE VIA SOCIAL

Secondo la Cassazione la mamma che offende un’altra sui social è punibile a meno che non sussistano cause di esclusione previste come l’art. 599 Codice penale o l’art. 131 bis del Codice penale

by Redazione
19 Febbraio 2024
in Diffamazione
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LITE TRA MAMME SU FACEBOOK DIVENTA DIFFAMAZIONE VIA SOCIAL
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È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 789/2024 riguardante la pubblicazione di alcune frasi sul profilo Facebook dell’imputata ritenute offensive della reputazione di un’altra mamma accusata di aver offeso il figlio minorenne della prima.

Il motivo della guerra tra le donne è stato un messaggio nella chat di gruppo WhatsApp delle mamme, in cui la persona offesa (padrona di casa) chiedeva all’imputata di affrettarsi a riprendere suo figlio alla festa, senza specificarne le ragioni, così generando in lei il panico, mancando una risposta alla sua richiesta di sapere se fosse accaduto qualcosa al proprio figlio; salvo poi venire a sapere che il bambino doveva essere allontanato dalla festa perché troppo vivace.

La madre del bambino vivace non l’ha presa affatto bene e aveva giustificato la sua reazione affidata a Facebook, con il panico provato nel leggere la chat dove non veniva spiegata la ragione – neppure dopo che era stata espressamente richiesta – dell’impellenza di prelevare il bambino dalla festa. Secondo la donna il figlio era stato offeso e lei gettata nella preoccupazione più nera. Per questo quanto scritto sulla bacheca Facebook doveva essere considerato la reazione ad un fatto ingiusto. Ma i giudici non sono d’accordo. Ed è altrettanto sicuro – spiega la Cassazione – che la condotta della vittima non poteva essere considerata ingiusta «non potendo ritenersi tale – si legge nella sentenza – l’eventuale richiesta di contenimento della estrema vivacità del figlio dell’imputata, suo ospite, né la richiesta di portalo via dalla festa che si teneva in casa della vittima, né essendo provato, infine, che costei lo abbia in qualche modo offeso».

Sul motivo di ricorso riguardante l’art. 131 bis del Codice penale (non punibilità per particolare tenuità del fatto) la Suprema Corte si è espressa accogliendo il ricorso e disponendo un rinvio ad altro giudice di appello per valutare effettivamente la sussistenza dei requisiti per l’applicazione della causa di esclusione in oggetto. Spetta quindi al giudice di appello di rinvio stabilire se la donna possa godere o meno della causa di esclusione ed evitare la pena.

 

C.T.

Tags: Diffamazionediffamazione a mezzo webDiffamazione via socialPost diffamatori
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