Il presente quesito è stato oggetto nel corso degli anni di innumerevoli dibattiti.
La principale differenza tra il delitto di diffamazione e l’ingiuria (oggi non più reato, poiché depenalizzata ad illecito amministrativo) consiste nel fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore (vedi Cass. Sez. 5, sentenza numero 10313 del 17/01/2019).
Proprio sulla scorta di tale considerazione taluni osservavano che l’invio di una e-mail denigratoria, indirizzata sia all’offeso sia ad altre persone, integrasse la sola ingiuria, poiché la persona denigrata era uno dei destinatari del messaggio offensivo.
Di diverso avviso la giurisprudenza maggioritaria di merito e di legittimità, secondo cui la missiva a contenuto ingiurioso diretta a una pluralità di soggetti, oltre l’offeso, non integra il reato di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, bensì quello di diffamazione, stante la non contestualità del recepimento delle offese medesime e la conseguente maggiore divulgazione della stessa (in questo senso Cass. civ. Sez. VI – 3, ordinanza del 06-02-2019, n. 3540; Cass. pen. n. 34484/18 e Tribunale di Ascoli Piceno, sentenza del 15/10/2020).
Degna di nota la recentissima sentenza della Corte di Cassazione penale, sez. V, 04/03/2021, n. 13252, che approfondisce in maniera encomiabile la presente questione.
Protagonisti due vecchi colleghi di lavoro (Dario e Italo) che vantavano rapporti non proprio pacifici.
A scatenare la controversia era la mail che Dario inviava non solo a Italo ma anche ad altre persone, facenti parte di un ex gruppo di lavoro.
Nel testo del messaggio Italo viene insultato. Inevitabile lo strascico giudiziario con Dario che veniva ritenuto responsabile, sia in primo che in secondo grado, del reato di diffamazione aggravata ai danni di Italo a cui veniva riconosciuto un risarcimento danni di 5 mila euro.
Mediante ricorso in Cassazione Dario provava a riqualificare l’accusa a proprio carico, sostenendo che la propria condotta integrava la mera ingiuria, reato depenalizzato.
A tal proposito il suo avvocato osservava che Italo era un componente del gruppo destinatario delle e-mail e dunque aveva percepito l’offesa quasi in tempo reale.
Di diverso avviso però i giudici della Suprema Corte di Cassazione che osservano che le e-mail non sono altro che lettere in formato elettronico recapitate dalla casella di posta del mittente a singoli destinatari, non contestualmente presenti.
Deriva che nel caso di specie l’invio di una e-mail, dal contenuto offensivo, destinata sia all’offeso sia ad altri soggetti (almeno due) è ravvisabile in capo al mittente il delitto di diffamazione aggravata, anche se tra i destinatari del messaggio di posta elettronica vi era anche l’offeso, Italo.
I giudici precisano che l’offesa diretta a una persona “distante” costituisce ingiuria solo quando la comunicazione denigratoria avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario; se la comunicazione “a distanza” è indirizzata ad altre persone oltre all’offeso, si configura il delitto di diffamazione.
In conclusione, occorre sempre prestare particolare cautela nel comporre messaggi dal potenziale contenuto denigratorio ed inviarli ad una molteplicità di destinatari. I rischi che ne derivano, come si è visto, sono particolarmente gravi: una condanna per il reato di diffamazione e l’obbligo di risarcire la persona offesa.