La proposta di legge europea nota come Chat Control 2.0 mira a imporre ai provider di servizi di comunicazione l’obbligo di sorvegliare messaggi, video e immagini per individuare contenuti dannosi. Questi possono includere immagini pedopornografiche, conosciute come CSAM (Child Sexual Abuse Material), ma la legge potrebbe estendersi anche ad altri tipi di contenuti nocivi.
Inizialmente, la proposta di legge prevedeva due metodi per condurre tali controlli: il primo implicava il confronto dei contenuti con database noti di immagini pedopornografiche, mentre il secondo impiegava tecnologie di riconoscimento delle immagini per individuare materiale sospetto non presente nei database esistenti. Tuttavia, il secondo metodo è stato rimosso dalla proposta di legge nel tentativo di facilitare la sua approvazione.
Come si intuisce, nel momento in cui il gestore di un servizio – compresi WhatsApp, Signal o Proton Mail – riceve l’ordine di verificare il materiale scambiato, l’unico modo per farlo è monitorare l’attività online di tutti i loro utenti.
Le criticità di Chat Control 2.0 sono state sottolineate dallo stesso Servizio Giuridico della Commissione europea: “Questa legge richiederebbe il generale ed indiscriminato monitoraggio dei dati elaborati da uno specifico provider si applicherebbe senza distinzione a tutte le persone che utilizzano un servizio, senza che questa persona sia, nemmeno indirettamente, in una situazione che potrebbe condurre a un procedimento penale”.
Ed è proprio questo aspetto che potrebbe andare contro i diritti fondamentali dei cittadini, a partire da quello alla privacy, e quindi provocare una bocciatura della legge da parte della Corte di Giustizia Europea.
L’europarlamentare tedesco Patrick Breyer ha sollevato preoccupazioni sulla natura dei contenuti CSAM, affermando che oggi il 40% dei sospettati di possedere materiale CSAM è minorenne e spesso non consapevole della loro natura criminale. Se non bastasse, la ricerca di materiali CSAM da parte di realtà come Meta (che già svolge questa attività di monitoraggio) ha inondato le forze dell’ordine di contenuti che nell’80% dei casi non avevano rilevanza criminale, causando di conseguenza la segnalazione alle forze dell’ordine di persone innocenti.
Per quanto invece riguarda i criminali che ricercano attivamente questo tipo di contenuti osceni, non dovranno fare altro che spostarsi su canali di comunicazione decentralizzati, già oggi esistenti e che non possono essere monitorati da alcuna autorità.
Da una parte, quindi, si sottopongono tutti i cittadini a una (inefficace) sorveglianza di massa e a un controllo delle loro attività online; dall’altra, i criminali possono semplicemente spostarsi altrove. Tutto ciò, infine, avrebbe un’inevitabile e gravissima conseguenza: la fine della cifratura end-to-end e quindi della possibilità di comunicare in maniera sicura.
C.L.