La pronuncia della Cassazione nasce dalla vicenda che nel 2017 ha visto l’ex ministro della salute Beatrice Lorenzin come protagonista di una frase pubblicata su Facebook a commento della campagna vaccinale disposta a seguito di un’epidemia di morbillo.
La Corte di appello di Palermo ha ritenuto che il commento fosse senza dubbio rivolto al Ministro, in quanto responsabile politico del decreto legge che portava il suo nome, e che fossero stati travalicati i limiti del diritto di critica. Di diverso avviso è però stata la Cassazione, che ha preso spunto da questa vicenda per fare un affondo sul diritto di critica politica e la relativa scriminante del diritto di critica.
Il diritto di cronaca e quello di critica sono due cose diverse, ma procedono insieme. Il primo consiste nel diritto di informare e di essere informati ed è tutelato dall’articolo 21 della Carta Costituzionale, dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, dall’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dall’articolo 11 della Carta di Nizza. Il diritto di critica, invece, è un giudizio di tipo valutativo comunicato attraverso un linguaggio sovrabbondante rispetto al concetto da esprimere. La critica è un’interpretazione di fatti considerati di pubblico interesse, una congettura e come tale va considerata soggettiva, non rigorosa.
Poiché la pratica del diritto di critica si manifesta attraverso l’articolazione di un giudizio opinabile, specialmente all’interno dei contesti politici, affinché abbia valenza scriminante deve essere esercitata entro determinati confini. Il cuore della questione riguarda quindi l’identificazione delle circostanze in cui l’esercizio del diritto di cronaca assume natura di esimente, agendo come giustificazione ed evitando che l’attività informativa sia considerata illecita.
Con la sentenza n. 5259/1984, nota come “il decalogo del giornalista”, la Corte di cassazione ha indicato quali requisiti legittimano l’esercizio del diritto di cronaca:
- utilità sociale dell’informazione (interesse pubblico alla conoscenza),
- verità della notizia (oggettiva o putativa),
- forma civile nella esposizione dei fatti e nella loro valutazione (continenza).
Tali criteri diventano tassativi quando l’esercizio del diritto di cronaca puo’ ledere i diritti della personalità altrui. Diversamente, vista la mancanza di utilità sociale delle notizie, diventerebbe illegittima anche la cronaca rosa.
I personaggi pubblici occupano una posizione particolare, perché la loro soglia della riservatezza tende ad abbassarsi. Secondo la giurisprudenza, infatti, quando una persona ha un ruolo socialmente rilevante “anche il suo operato come soggetto privato interessa il pubblico, nella misura in cui esso possa avere attitudine a incidere pregiudizievolmente sull’esercizio delle sue funzioni e/o sulla istituzioni che egli rappresenta”. Ecco quindi che, nel momento in cui persista un nucleo di verità e l’invettiva non abbia l’obiettivo di aggredire la sfera morale altrui, l’interesse generale prevale sulla diffamazione.
M.M.