La discussone in merito all’impiego dell’AI in ambito musicale è tornata ad accendersi in seguito alla pubblicazione di “Heart on my sleeve”, brano generato dagli algoritmi simulando le voci di Drake e The Weeknd.
Con l’AI è possibile realizzare cover di brani già esistenti, usando però la voce di un altro cantante. La questione riguarda quindi, prioritariamente, il diritto d’autore su qualsiasi canzone di successo generata dall’intelligenza artificiale utilizzando la voce di un cantante. La Universal Music Group, prima major del mercato musicale globale, ha lamentato non solo problematiche legate al diritto d’autore, ma ha anche picchi di ascolti dovuti all’utilizzo di bot. Questi, infatti, tramite delle funzioni algoritmiche avrebbero incrementato le visualizzazioni dei brani.
A sollecitare Spotify sarebbe stata proprio la Universal Music Group. La major musical il mese scorso aveva invocato una stretta sulla musica generata dall’AI, chiedendo alle piattaforme di streaming, come Spotify e Apple, di impedire l’accesso al proprio catalogo musicale agli sviluppatori che lo usano nei processi di training delle tecnologie di IA. Questo mese è intervenuta segnalando delle attività di streaming sospette sulle canzoni di Boomy.
Boomy è un servizio lanciato due anni fa, che consente agli utenti di creare brani con l’AI basandosi su stili predefiniti. La piattaforma utilizza algoritmi per creare e combinare frammenti di brani esistenti che poi possono essere pubblicati sulle piattaforme di streaming musicale, ricevendo pagamenti per i diritti d’autore. Ora l’azienda ha affermato che utenti anonimi hanno creato le canzoni e ha precisato di non avere il controllo sulle loro azioni. i brani sono stati quindi eliminati da Spotify.
L’azienda ha comunque sottolineato che continuerà a supportare l’uso dell’AI nella creazione musicale, purché rispetti le leggi sulla proprietà intellettuale e i diritti d’autore.
(C.D.G.)