I social network ormai sono un diario sul quale postiamo per poter avere dei ricordi, condividere pensieri e stati d’animo. Alcuni però decidono di usarli in modo sbagliato, magari per offendere o aggredire verbalmente.
Le reazioni agli insulti virtuali possono essere diverse: ad alcuni non importa; altri invece, possono avvilirsi in maniera più o meno grave. Coloro i quali non prendono bene gli insulti sui social possono scegliere di rimanere in silenzio, aspettando che la cosa venga dimenticata. C’è chi però sceglie di reagire, magari per vie legali.
La Corte di Cassazione ha pronunciato un’importante sentenza in materia. Il caso che ha attirato l’attenzione è stato quello di un uomo che, affetto da un’evidente menomazione fisica, ha ricevuto dei commenti ironici per tale difetto su un social network.
L’uomo che aveva ben pensato di insultare pubblicamente un altro uomo per un difetto fisico è stato denunciato dalla vittima. È iniziato così un processo legale.
A differenza di ciò che ci si potrebbe aspettare, i giudici non sono stati dalla parte della vittima. È stato ritenuto che sminuire una persona per caratteristiche fisiche non diminuisse il valore di una persona. L’uomo che aveva pronunciato gli insulti non è stato quindi condannato in quanto la sua condotta non è stata ritenuta offensiva.
Come se non bastasse la Corte d’Appello non ha pensato si trattasse di diffamazione, bensì di un’ingiuria, in quanto la vittima avrebbe avuto la possibilità di replicare immediatamente.
La Corte di Cassazione non è stata affatto d’accordo. Ha definito la possibilità di replica come irrilevante, considerando che i messaggi avevano raggiunto un ampissimo range di persone (molti di più rispetto a quelli a cui erano diretti). L’autore degli insulti è stato quindi definito colpevole del reato di diffamazione. Il suo atto è stato definito come un’aggressione alla reputazione altrui.
(G.S)