La Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, o Direttiva 2019/790, come ogni altra direttiva emanata dall’Unione Europea, deve essere recepita dagli Stati membri entro due anni. Gli Stati hanno seguito procedure, tempistiche e approcci diversi, per interpretare e modellare la Direttiva.
La Francia è il primo Paese a recepire, nel luglio 2019, l’articolo 15 della direttiva Copyright, sul diritto connesso, limitandosi a trasporre i criteri generali nella normativa di attuazione, senza però prevedere elementi che ne garantissero in concreto l’esercizio e che tutelassero adeguatamente gli editori. In questo quadro è stato posto il problema della modalità con cui assegnare le royalties, che devono essere eque, sia nei confronti di chi ha creato il contenuto, che nei confronti della piattaforma che ne permette la diffusione. Google dunque dovrebbe assicurare un regime forfettario da discutere ogni volta in base ai guadagni generati dai contenuti.
La Germania ha previsto di stilare un testo normativo che si sviluppa a partire dall’art. 17, in particolare nella parte in cui afferma che la parodia e le caricature devono essere escluse dalla remunerazione. Deve invece esserci un riconoscimento di diritti per riproduzioni ai fini non commerciali di estratti di film di durata non superiore a venti secondi; stesso discorso dei film varrà per gli audio e per le riproduzioni di testi, purché nei limiti dei mille caratteri. L’unica eccezione rispetto al testo europeo è che un contenuto che viola i diritti d’autore può essere rimosso dalle piattaforme solo dopo che un essere umano avrà controllato quanto segnalato dai filtri antipirateria.
In Belgio si occupa del recepimento l’IntellectualPropertyCouncil, l’organo preposto alla valutazione e redazione dei testi di legge in tema di copyright, e qui, come in Spagna ci sono stati i primi approcci alla disciplina, ma senza passi avanti significativi.
L’Irlanda ha intavolato diverse consultazioni sulla Direttiva, accogliendola favorevolmente perché assicurerebbe l’armonizzazione del sistema di tutela del diritto d’autore e della libertà di espressione. Secondo i giuristi l’eccessivo e abusivo uso delle procedure di segnalazione dei contenuti può ledere la libertà di espressione e, di conseguenza, lederebbe anche interessi economico-patrimoniali degli utenti i cui contenuti siano stati ingiustamente bloccati o rimossi.
A partire dal 18 giugno 2020 l’Ungheria ha recepito l’art.5 consentendo di utilizzare le opere e gli altri materiali esclusivamente per finalità illustrativa ad uso didattico, nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale, purché quell’uso avvenga sotto la responsabilità di un istituto di istruzione. Inoltre, la fruizione deve essere accompagnata dall’indicazione della fonte, compreso il nome dell’autore.
La Polonia ha avviato l’azione di annullamento dell’art. 17 della direttiva. In particolare è stato contestato il punto che sostiene che il prestatore di servizi debba fare del suo meglio per ottenere un accordo di licenza da editori ed autori, in modo da servirsi legittimamente di tali opere. Questo potrebbe ledere il prestatore di servizi poiché, in caso di un mancato accordo, ciò gli impedirebbe la fruizione ed il caricamento di contenuti.
In seguito alla brexit, il Regno Unito ha fatto sapere di volersi sottrarre all’applicazione della direttiva sostenendo che limiterebbe la libertà di espressione. I giuristi anglosassoni preferiscono pertanto puntare su una rivisitazione dei principi già vigenti.