Con gli accordi di Copenaghen del 2009 – COP 15 sui cambiamenti climatici, i paesi sviluppati si erano impegnati a favore dei paesi in via di sviluppo a mobilitare, entro il 2020, finanziamenti in varie forme sino a 100 miliardi di dollari USA. Tra le varie forme di intervento rientrano appunto i debt for enviroment swap.
Il progetto non consiste in una nuova finanza, ma in un alleggerimento dell’indebitamento finanziario da poter destinare a scopi ambientali. Il termine swap dovrebbe portare a pensare che dalla rinunzia il creditore possa trarre qualche vantaggio, come ad esempio nel caso in cui il debitore si impegni alla riduzione dell’inquinamento o alla riduzione delle emissioni di gas serra, con una utilità che va oltre lo Stato indebitato, dal momento che il beneficio diviene globale.
Altra valutazione meriterebbe il caso in cui le azioni cui si impegna il debitore siano volte all’adattamento climatico, quali la difesa delle terre emerse dall’innalzamento dei mari o la costituzione di riserve di acqua piovana, dove il beneficio è destinato esclusivamente allo Stato debitore stesso, salvo l’appagamento della filantropia di coloro che rinunciano a parte o tutto del proprio credito.
Menzioniamo un caso pratico per comprendere meglio questa forma di ‘’scambio’’.
Si tratta del caso di Capo Verde. Un comunicato Reuters del 23 gennaio 2023 ha reso noto un accordo tra Portogallo e la sua ex colonia Capo Verde, che sostanzialmente converte una parte del debito dovuto dalla seconda nei confronti del primo in una risorsa per finanziare investimenti per la lotta al cambiamento climatico.
Dal comunicato si evince che parte delle somme che Capo Verde deve restituire al Portogallo (quelle dovute sino al 2025 pari a circa 12 milioni di euro) saranno immesse in un fondo per il finanziamento di opere destinate a combattere il cambiamento climatico. Si evince che anche le successive tranche dovrebbero seguire la stessa modalità di rimborso, mentre non è chiaro se all’accordo parteciperanno anche le banche portoghesi creditrici dello Stato insulare o soltanto il Portogallo per la parte della quale questo Sato è creditore.
Occorre ricordare che Capo Verde, come altri stati insulari, sta soffrendo particolarmente del cambiamento climatico sia per l’aumento del livello delle acque, sia per la perdita di biodiversità legata alla crescente acidità delle acque oceaniche.
Un risconto negativo riguarda però il fatto che spesso tali swap sono realizzati con stati che sono già in difficoltà con le restituzioni, il semplice cambio di destinazione delle risorse, ove non accompagnato da liberazioni assolute, lascia in difficoltà lo stato stesso che si vedrà costretto a risparmiare su altri settori essenziali.
L’iniziativa è sicuramente ottima, l’obiettivo di aiutare il pianeta sollecitando la partecipazione degli Stati potrebbe sicuramente funzionare. Il problema però è principalmente il fatto che è difficile perseguire un obiettivo specifico se non vi è un impegno generale effettivamente voluto dallo Stato debitore con politiche coerenti e di carattere continuativo.
(G.S)