La Corte di Cassazione ha stabilito che l’invio di e-mail contenenti messaggi diffamatori a più destinatari costituisce un’ipotesi di diffamazione aggravata. In particolare, la mera conoscibilità della comunicazione mediale è sufficiente per configurare il reato nonostante non sia necessario che la mail sia stata effettivamente aperta dai destinatari. Tuttavia, è fondamentale dimostrare l’effettivo recapito del messaggio, ovvero che sia stato scaricato dal dispositivo del destinatario.
La Corte ha sottolineato come le e-mail siano comunicazioni dirette a destinatari predefiniti ed esclusivi, che possono prenderne cognizione solo dopo averle scaricate tramite il proprio dispositivo e le proprie chiavi di accesso personali. Al contrario, nel caso di scritti, immagini o file vocali caricate su siti web o diffusi sui social media il requisito della comunicazione con più persone può presumersi sulla base dell’inserimento del contenuto offensivo nella rete.
È quindi sufficiente la prova che il messaggio sia stato scaricato mentre l’effettiva lettura può presumersi, salvo prova contraria. La Corte d’Appello ha quindi giudicato “inverosimile che all’invio non sia corrisposto il requisito della comunicazione nei termini ora evidenziati, cioè della ricezione del messaggio di posta elettronica”.
Tuttavia, per integrare la condotta di reato non è necessaria la prova della lettura del messaggio ma solo la conoscibilità potenziale del contenuto del messaggio giunto a destinazione.
Inoltre, la Corte ha stabilito che ai fini dell’applicazione dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica in tema di diffamazione non può prescindersi dal requisito della verità del fatto storico ove tale fatto sia posto a fondamento della elaborazione critica.
Infine, la Corte ha disposto l’annullamento della sentenza senza rinvio agli effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione e l’annullamento della medesima sentenza agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
(S.F.)