Giudicando un caso di supposta diffamazione a mezzo stampa, con l’ordinanza n. 30522 depositata il 3 novembre, la Cassazione ha tracciato un vero e proprio “statuto” del giornalismo d’inchiesta, agganciandolo all’articolo 21 della Costituzione che tutela la libertà di espressione.
Il collegamento trova la sua ragione nel “ruolo civile e utile alla vita democratica” del giornalismo investigativo che deve esistere ed essere tutelato anche se non approda ad una verità. Il suo valore, spiega la Corte, risiede nella capacità di stimolo nei confronti della collettività, al punto che se ne devono valutare gli esiti “non tanto alla luce dell’attendibilità e della veridicità della notizia, quanto piuttosto dell’avvenuto rispetto da parte del suo autore dei doveri deontologici di lealtà e buona fede”.
Nel caso specifico la Cassazione ha ribaltato il giudizio della Corte d’appello che aveva condannato il gruppo editoriale Gedi, ed alcuni suoi giornalisti, al risarcimento del danno di diffamazione nei confronti di un comandante dell’aeronautica, il quale avrebbe assicurato voli di Stato utilizzando velivoli della Cai riservati ai Servizi segreti.
“L’attenuazione del canone di verità – si legge nella decisione – si giustifica alla luce del principio costituzionale in materia di diritto alla libera manifestazione del pensiero, quando detto giornalismo indichi motivatamente un «sospetto di illeciti» con il suggerimento di una direzione di indagine agli organi inquirenti o una denuncia di situazioni oscure che richiedono interventi amministrativi o normativi per potere essere chiarite, sempre che riguardino temi sociali di interesse generale, alla condizione che «il sospetto e la denuncia» siano esternati sulla base di elementi obiettivi e rilevanti”.
Vengono così parzialmente superati i tre capisaldi fissati dalla Cassazione con la sentenza n. 5259 del 18 ottobre 1984 in materia di libertà di stampa, denominata Sentenza-Decalogo. In essa venivano individuati i tre presupposti in presenza dei quali si può parlare di legittimo esercizio del diritto di cronaca: la verità delle notizie pubblicate, la pertinenza delle stesse e la continenza espressiva. Il giornalismo di inchiesta, spiega la Corte, soggiace per le sue peculiarità ad una disciplina in parte diversa e meno rigorosa rispetto a quella dettata per la cronaca o la critica giornalistica che sia priva dell’elemento investigativo.
In definitiva per la Suprema corte va affermato il seguente principio di diritto: “In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalismo d’inchiesta ricorre anche quando il giornalista non si limiti alla divulgazione della notizia, come nel giornalismo ordinario di informazione, ma provveda egli stesso alla raccolta autonoma e diretta della notizia, tratta da fonti riservate e non, anche documentali e ufficiali, con un lavoro personale di organizzazione, collegamento e valutazione critica, al fine di informare i cittadini su tematiche di interesse pubblico. Esso, proprio per il suo ruolo civile e utile alla vita democratica di una collettività, implica la necessità di valutarne gli esiti, non tanto alla luce dell’attendibilità e della veridicità della notizia, quanto piuttosto dell’avvenuto rispetto da parte del suo autore dei doveri deontologici di lealtà e buona fede”.
C.L.